OCCHIO: degustazione, esegesi...   ESPRESSIONI: visioni, letture, arte...

martedì 28 febbraio 2012

bambini del passato

Voices
(E se oggi... fosse già domani?)
1973
Regno Unito
Regia: Kevin Billington
Soggetto: Richard Lortz
Sceneggiatura: George Kirgo, Robert Enders

Fin dove arriva la follia? Chi può delimitare la linea del lecito? Una mente distorta apre delle porte sconosciute?
Il trauma di Claire è infinito, il suo senso d'impotenza fortissimo, lei non riescere a dimenticarne ciò che è successo, al contrario di suo marito Robert che, con il tempo, ha accettato la cosa. Cos'è successo? Il loro figlioletto David si è perso per sempre nei pressi di un canale, durante un loro momento di distrazione.
Ad attutire la sofferenza dell'uomo c'è forse la consapevolezza dell'impraticabilità e della fine di un rapporto edipico fra Claire e David, descritto da lui come covato dentro, ma ugualmente inconcepibile per una madre ed un figlio. Oltretutto il fattaccio avviene proprio quando marito e moglie stanno facendo l'amore, come a ribadire il concetto di territorialità, talmente forte che riesce ad annullare le anomalie, più del dovuto...
La donna lotta fra due mondi, alternati fra un minuto e l'altro, descritti a noi spettatori con un ritmo cadenzato, esplicativi flashback, toni seppia, tanta cura negli inserti e soprattutto una scenografia ristrettissima: la quasi interezza del film si svolge in un ambiente unico, una grande stanza neanche tanto caratterizzata.
Il bipolarismo di Claire ha forse un potere particolare, o forse è stata colpa del destino, ma i due vivranno un'esperienza allucinante...
Horror/thriller di innata classe "british", c'è un grandissimo David Hemmings e una altrettanto brava Gayle Hunnicutt.
Parte della storia è ormai un classicissimo, conosciuta anche al grande pubblico tramite The Others o Il sesto senso e ripresa diverse altre volte con meno clamore. Si presume che l'origine sia in Carnival of Souls, stupenda pellicola del 1962, ma il soggettista di questo film, Richard Lortz, l'ha presentata in un precedente lavoro teatrale, portato anche sugli schermi nelle serie Suspense, con l'episodio The Others, e con lo stesso nome della puntata in Armchair Theatre, datate rispettivamente 1953 e 1970. Fra scritto teatrale e prima apparizione c'è da credere che Lortz sia l'autore originale.
In Italia è passato in TV anche con i nomi Presenze e Strani fenomeni.

giovedì 23 febbraio 2012

il dono

Ihr Opfer
(La vittima)
(Tratto da Danze macabre)
Rainer Maria Rilke
Newton Compton Editori

In Boemia dubbi e convinzioni sull'amore sono gli stessi del resto del mondo.
Agnese è un esempio da considerare, la sua non è di certo l'unica esperienza vissuta nel mondo, ma è valente per talune tesi, ovvio poi avere idee diverse, d'ogni genere, alimentate dal proprio vissuto o quello assorbito altrove.
Ella incontrò Hermann e la sua vita cambiò, era in un mulinello di emozioni, ogni attimo aveva un sapore inebriante.
Ma il tempo intiepidì la cosa. Hermann rimase il galantuomo di sempre, ma i riguardi non significano sentimento.
L'amore è forse illusione, egoismo, oppure è donare se stessi al prossimo... nel massimo delle possibilità.

sabato 18 febbraio 2012

il cuore sigillato

The Sealed Room
1909
Stati Uniti d'America
Regia: David Wark Griffith
Soggetto: Edgar Allan Poe, Honoré de Balzac
Sceneggiatura: Frank E. Woods

Non è detto che ricchezza e gloria si leghino necessariamente a profondi sentimenti.
Le attenzioni materiali più grandi, anche quelle presenti in una sfarzosa corte, dove a suggellare l'unione può arrivare anche una dolce e comoda alcova, possono non stimolar vera felicità. La contessa ne è consapevole, e preferisce darsi alla storia clandestina di turno, eccitante anche perché segreta. Il conte è un tipo sicuro di sé, tutti sono ai suoi piedi, come può la sua consorte non provare irrefrenabile amor per lui? Ma che dolore quando vedrà il tradimento consumato proprio nell'alcova preparata con tanta cura!
No, lui non vuole affrontare la cosa, preferisce chiuderla lì, seppellire la sua sofferenza, la vergogna e il suo ego scalfito in se stesso, dietro uno strato di spessi mattoni. Che quest'affronto, quest'attacco alla sua creduta onnipotenza venga asfissiato, nessuno dovrà sapere. Amante e contessa non possono altro che guardarci negli occhi e dirci addio, sottomessi alla soddisfazione rabbiosa del regnante.
Situazione fra La Grande Bretèche di Honoré de Balzac e Il barile di Amontillado del nostro caro Edgar Allan Poe.

martedì 14 febbraio 2012

ogni uomo uccide le cose che ama

Mad Love
(Amore folle)
1935
Stati Uniti d'America
Regia: Karl Freund
Soggetto: Maurice Renard
Sceneggiatura: Florence Crewe-Jones, Guy Endore, P.J. Wolfson, John L. Balderston, Leon Wolfson, Edgar Allan Woolf, Gladys Von Ettinghausen, Leon Gordon

Il dottor Gogol non ne vuole sapere di rinunciare alla sua ossessione, la bella Yvonne gli mangia il cuore giornalmente, rende instabili tutte le sue funzioni, gli rende difficile anche lavorare. Il problema è che lei ha già un uomo, Stephen, ma non è questo il solo problema, lei prova una sorta di terrore per l'infatuato medico.
Gogol avrà la possibilità anche di venerarla tramite una riproduzione in cera, come una statua sacra, curata dalla sua inserviente beona con estrema cura, reliquia su cui riversare il sentimento, nella speranza di essere un nuovo Pigmalione con la sua Galatea, e chissà, nella sua mentre potrebbe accadere qualcosa di simile, complice l'evolversi delle vicende.
Lui è folle, e quando un folle ama lo fa in maniera ancora più ardita di un "normale". Eppure è un buono, fine, colto ed appassionato d'arte, trasmette anche tenerezza, i suoi modi sono spesso squisiti, la sua bravura in campo chirurgico gli permette di curare gente in estrema difficoltà, anche bambini, senza dover necessariamente ricevere lauti compensi.
A peggiorare questo quadro di instabilità ci si mettono le classiche vicende della scienza che va oltre confini, la diabolica casualità, sperimentazioni estreme che porteranno ad una situazione apparentemente favorevole per il dottore, ma così non sarà, anzi...
Unione fra classici dell'orrore statunitensi anni Trenta ed espressionismo tedesco, la casa di Gogol, con le sue porte, i suoi corridori e le sue scale, è un'estensione mentale della sua psiche contorta, i suoi occhi, che sono quelli di un incredibile Peter Lorre, tendono all'infinito. Sotto la guida del titanico Karl Freund, direttore della fotografia di Metropolis, Der Golem, wie er in die Welt kam, vari di Murnau e decine d'altri, qui alla regia, e al suo abituale posto sostituito da Chester A. Lyons e addirittura il Gregg Toland di Quarto potere, esplode il tema del doppio, con gli specchi che permettono la visione dell'io malvagio, e i rimandi sono molteplici: raddoppiato vede l'inserviente in stato di ubriachezza, nella personalità e nel corpo di un altro si cala il chirurgo, due sono le Yvonne, doppio diventa Stephen, due sono... le assolute protagoniste della vicenda.
D'atmosfera i chiaroscuri, allucinanti sono le voci interiori e le sovrimpressioni oniriche ed ellittiche, ipnotica ed inquietante il modo di parlare del protagonista, che passa dal dolce al dissennato.
Interessanti gli inserimenti ironici introdotti, specialmente l'invenzione di titoli d'apertura accompagnati da una musichetta scanzonata, di Dimitri Tiomkin, che fra presagire una commedia, invece poi arriva l'aggressione allo spettatore.
La storia è tratta da una novella che analizzeremo anche tramite un'altra opera, ancora vicina all'espressionismo.

sabato 11 febbraio 2012

cave amantem

La Vénus d'Ille
(La Venere d'Ille)
(Tratto da Racconti e novelle)
Prosper Mérimée
Sansoni Editore

La Venere d'Ille è ambigua, di provenienza incerta, con su iscrizioni altrettanto tali, dall'espressione affascinante ma sadica, dai tratti somatici tigreschi, sensuale, beffeggiatrice, cosa che la rende estremamente ipnotica. Viene tratta fuori dalla terra, e già in qui momenti dà a vedere il suo dominio sul maschio, ferendo uno degli incaricati dal signor Peyehorade, futuro e gioiosissimo possessore di questa bellissima statua.
A trovarlo, nel sud della Francia, arriva un fine archeologo parigino, interessato all'arte del luogo e presto risucchiato dal vortice di passione inerente la dea. Il suo bronzo è monito sull'intensità dell'amore, vissuto, se necessario, anche in maniera aggressiva.
Per il paese gira un'idea negativa della statua, e un monello non troverà di meglio che cercare di darle una lezione con una sassata; ne farà spese dolorose, altro maschio punito dall'impeto della bellissima.
Il figlio di del sig. Peyehorade, Alfonso, grezzo e corpulento, deve sposare proprio in quei giorni la dolce Madamigella di Puygarrig, suo opposto, mingherlina e delicata. Una Venere in carne ed ossa. Lui prenderà sottogamba la cosa, tutto preso dalla sue attività e dal suo vivere spocchioso e grossolano. Lei però non parrà soffrire più di tanto della cosa, è una ragazzina tenera ma maliziosa, abile a destreggiarsi nelle materiali situazioni provinciali a cui va incontro, ha un lato pungente come la bronzea protagonista. Comunque, con l'amore e con la Venere, perché anche lei ama e quando sa di avere qualcosa difficilmente vi rinuncia, non si scherza, e Alfonso pagherà caro lo scotto delle sue leggerezze, stretto in una morsa di ardore terrificante.

La Venere d'Ille
1979
Italia
Regia: Lamberto Bava, Mario Bava
Soggetto: Prosper Mérimée
Sceneggiatura: Lamberto Bava, Cesare Garboli

Fra le tante trasposizioni venute fuori da varie nazioni, scegliamo quella italiana, con parte della famiglia Bava dietro la macchina da presa.
Prodotto televisivo andato in onda anche nell'interessante ciclo RAI i giochi del diavolo - storie fantastiche dell'Ottocento, figlio di una programmazione che non era fatta solo di danzatori improvvisati e sbirri, presenta tratti tipici di quel tipo di film, in primis la fotografia (di Sebastiano Celeste), che è molto distante dagli standard di Bava senior, facendo presupporre che la parte maggiore sia stata curata dal figlio, qui alla sua opera prima.
Daria Nicolodi è una diafana Madamigella di Puygarrig, che qui ha un nome, Clara, e Marc Porel il pacato parigino, anche lui nominato per comodità, Matthew, ottimi entrambi, così come buona è la verve di Mario Maranzana nei panni del signor Peyehorade e Fausto Di Bella in quelli dell'altezzoso Alfonso.
Colpiscono delle sostanziali differenze, a parte esigenze di ellissi, rispetto al racconto: la promessa sposa e l'ospite si piacciono visibilmente, e verranno anche a contatto, cosa che aumenta la diabolicità di lei e la sua rassomiglianza con la dea; diminuisce e la rende più distante, invece, il fatto che soffra apertamente delle intemperanze del futuro marito, senza presentare la scaltrezza presentata nello scritto.
Insomma, sufficiente pellicola, una via di mezzo tra lo stile degli sceneggiati "settantiani" e quelli moderni.

lunedì 6 febbraio 2012

cavalcata ucraina

Вій (Il Vij)
(Tratto da Storie di vampiri)
Nikolaj Vasil'evič Gogol'
Newton Compton Editori


Vivace è la natura che circonda il Seminario di Kiev, come lo è la vita sociale, seppur povera, di quell'Ucraina passata. Il fiume in piena che esce dalla struttura, formato da grammatici, retori, filosofi e teologi, diventa esso stesso parte di quello splendido paesaggio, come un corso d'acqua che poi si perde nei suoi rami e nella foce. Chaljàva, Tiberio Gorobèc e il filosofo Chomà Brut sono la foce, perché ci si focalizzerà solo su di loro, in particolare sull'ultimo, che subirà l'incantesimo di quella che sembrava una vecchietta ospitale e invece si era rivelata una strega. Una magia che aveva portato la vecchietta a cavalcare la sua vittima in uno spazio-tempo soprannaturale. Ma il prode filosofo, ribaltò la situazione, segno della capacità di quelle popolazioni di ammaestrare il folclore.
Il tutto non finisce qui, Chomà verrà chiamato al capezzale della figlia di un "sotnik", un capo di un villaggio cosacco, morta inspiegabilmente. Ella ha espressamente richiesto la sua presenza. Perché? Lui non la conosceva! O sì? È lei, la strega, che tenterà per tre notti di vendicarsi, tre momenti oscuri in cui il seminarista sarà incaricato di salmodiare nella chiesetta dov'è posta la bara, da solo, in cambio di una lauta ricompensa o di frustate in caso di rifiuto. Passa una notte, con lei che si alza dalla bara e cerca di attaccarlo, ma non può vederlo; lui è fermo nelle sue azioni, e se non è proprio un esperto nel campo è almeno uno che vive la vita di petto. Arriva il canto del gallo e la luce, ne esce provato ma illeso. Arriva la seconda notte, la bara fluttua nell'aria, ma Chomà, seppur spaventato sa il fatto suo e la vince. Riporta però un incanutimento della chioma, perché la sua verve giovanile sta venendo meno, e con essa la visione di una vita votata alla massima libertà. La terza notte è una tregenda, creature che spuntano da ogni dove, seppur anch'esse cieche sulla posizione del filosofo, compresi i Vurdalak, i vampiri slavi, e nel finale viene evocato lui, il Vij, sorta di re degli gnomi dalle lunghe palpebre.
Chomà Brut è uno che non ha mai desistito, non ha mai dato le spalle alla vita, è sempre stato fin troppo emotivo e mai ha frenato questa sua caratteristica, in favore di una maggior riflessione. Questa sarà la sua condanna, al Vij saranno spalancate le palpebre, un'arma per lui, che individuerà il filosofo, che invece nel guardare e non muoversi di conseguenza troverà il suo punto debole, e morirà di paura alla sola visione. Ma anche il Male, come Brut, si è spinto troppo in là e molte entità rimarranno preda della luce.

Вий (Viy)
1967
Unione Sovietica
Regia: Georgi Kropachyov, Konstantin Yershov
Soggetto: Nikolaj Vasil'evič Gogol'
Sceneggiatura: Georgi Kropachyov, Aleksandr Ptushko, Konstantin Yershov

Più volte è stata trattata cinematograficamente la novella in esame, e siamo in dovere di ricordare l'esempio del grande Mario Bava, con il suo gioiello gotico La maschera del demonio, che ha preso spunto ma nello stesso tempo è stato anche molto libero nell'adattamento (sceneggiatura di Ennio De Concini, Mario Serandrei, Mario Bava, Marcello Coscia). Film poi oggetto di meno riuscito remake da parte del figlio Lamberto.
Questa colorata pellicola edita della Mosfilm è invece fedelissima, anche nelle parti di testo estrapolate. Di taglio grottesco come il racconto, è lo stesso scenario a presentare un alone di "finto", dovuto presumibilmente a ristrettezze di budget, che dà idea di favola di un folclore tramandato. Al momento giusto sa però essere anche truce, con effetti di gran rilievo, ci riferiamo alla realizzazione delle creature, roba simile a produzioni occidentali di venti anno dopo. La fotografia vira dal luminoso del gioviale giorno ucraino così ben narrato nella storia del lì partorito Gogol', al plumbeo delle notti tormentate, ed è bellissima la struttura sacra, con le sue icone che sono un misto di rassicurante e intimorente.
Perfetto Leonid Kuravlyov nella parte di Chomà, nel film chiamato Khoma Brutus, spavaldo e debole, così come la bellissima Natalya Varley nella parte della strega versione giovane.
La storia è stata ripresa nello jugoslavo Sveto mesto (1990), adattata nel russo Vedma (2006) e verrà riproposta, sempre in Russia, nel 2012.

giovedì 2 febbraio 2012

brio che manca anche in certi momenti

Warum läuft Herr R. Amok?
(Perché il signor R. è colto da follia improvvisa?)
1970
Germania Ovest
Regia: Rainer Werner Fassbinder, Michael Fengler
Scritto: Rainer Werner Fassbinder, Michael Fengler

La quotidianità è una bestia devastante. Si ride e si scherza, ma c'è sempre quella venuzza di imbarazzante disagio permanente, quello ingrandito quando arrivano problemi pratici, come la disposizione della mobilia in casa, i controlli dal medico, o la cura dell'oggetto simbolo dell'uomo occidentale: l'auto.
Peggio ancora sono i rapporti umani, con la moglie, con il figlio che, in maniera naturale, cerca lo svago e non si impegna nello studio, con i colleghi di lavoro, con il capo, con madri, padri ed i loro insegnamenti dettati da una prammatica esperienza. Insostenibili sono le gare con vicini, regolamentate da metri quadri della propria abitazione e spiccioli in più sullo stipendio, per non parlare di quelle velleità culturali di facciata, ostentate per darsi un tono, ma l'interesse per esse è pari a zero.
Tutto ordinario, manca il fiato, vampate. Tipica è anche l'amica di vecchia data "ribelle", libertina, modaiola, che si crede "libera" e invece è soltanto un tassello del sistema, da vivere con un sorriso appena accennato, come lo è quella eccitata da vacanze da arricchiti benpensanti fintamente sregolate. Il sistema è quello che viene vissuto con i rumori ripetitivi di un ufficio in sottofondo e, nel cosiddetto svago, con il bicchierino in una mano, la sigaretta in un'altra e le gambe accavallate, inanellando discorsi ultra borghesi, uno più piatto e banale dell'altro.
Anche tratti comportamentali quali la timidezza rientrano pienamente nello schema, ormai è tutto fagocitato e piallato, un momento di imbarazzo o di comportamento buffo poteva essere essere un'ancora di salvezza, ed invece nisba, quelli che dovevano essere exploit emotivi riescono a stento a muovere i muscoli facciali.
Guardiamo questo mondo con una camera a spalla, che si sposta in carrellate e panoramiche "umane", ondeggianti, come se fossimo in campo, come se fossimo accomodati al tavolo insieme agli altri o seduti sul sedile posteriore dell'automobile, perché... è così, siamo dentro, ci siamo anche noi.
Produci, consuma, crepa.