OCCHIO: degustazione, esegesi...   ESPRESSIONI: visioni, letture, arte...

giovedì 30 dicembre 2010

sinfonia nuziale

Luna di miele, luna di sangue VII
2010

Spagna

Regia: Paco Plaza
Scritto: Paco Plaza


Piccola parentesi di Plaza fra i vari [REC], un brevissimo esercizio di stile per promuovere un concorso di cortometraggi affini all'esempio.
Come condensare in un minuto circa stilemi tecnici, campo-controcampo, carrellate, mezze figure e altro, ed una trama efficace.
Non prevedibile come potrebbe apparire. Grottesco, ma patinato come le produzioni di successo.

sabato 25 dicembre 2010

insano

Ulvova mylläri
(
Il mugnaio urlante)
Arto Paasilinna

Iperborrea


Su Paasilinna si trovano notizie ovunque, è nella cerchia dei gran tradotti, le sue opere sono conosciute e consolidate. Il romanzo che trattiamo è meno noto de L'anno della lepre o Il miglior amico dell'orso, ma altrettanto apprezzato, curiosamente anche in ambienti solitamente legati a letture di tinta più nera.
Il mugnaio è Gunnar (chiamato anche Kunnari per via dell'ufficialità della lingua svedese) Huttunen, da poco trasferitosi in un piccolo centro abitato nel nord nella Lapponia, dove ha acquistato e rimesso in funzione un bel mulino, di cui va molto orgoglioso. L'urlare è invece un ululare, proprio come un lupo, cosa che gli accade durante forti stati emozionali; ad esso si aggiungono altre caratteristiche, come quello di imitare versi e movenze di vari animali. Il resto della sua persona è fatto di dolcezza, desiderio d'amore, disponibilità e laboriosità.
La parte strana di Kunnari non va giù ai benpensanti del paese; è un pazzo, è pericoloso, orrore! È un cosiddetto tipo da manicomio, luogo in cui i presunti sani vorrebbero internarlo. Fuori da essi ci sono la consulente orticola Sanelma Käyrämö e qualche altro personaggio, che mostreranno amore la prima e comprensione i secondi.
Come chiaro, ci troviamo davanti il mai troppo proposto tema della diversità, sotto forma di quei dettagli umani che danno fastidio ad una massa conforme, che vede in essi qualcosa di anormale, da combattere, mentre la lotta dovrebbe essere verso le proprie insicurezze che fanno vedere il male dove non c'è.
Oltre alla profonda analisi sociologica traspare un grande amore per gli ambienti naturali, sono meticolose le descrizioni di fauna e flora, ed è normale viaggiare fra magnifici paesaggi finlandesi.
Si viene a creare un tappeto armonioso formato dai pochi personaggi positivi e le terre, quasi fossero un tutt'uno con la natura; vedendola così gli elementi fuori posto sono invece gli intolleranti, che riescono a fare a meno degli utili servizi di Huttunen pur di perseguire il loro scopo razzista.
Interessanti anche i riferimenti storici, utili a rinfrescare o a far scoprire momenti passati di un Paese che è stato nelle mire di più di una superpotenza.
Sono in commercio copie edite da almeno due editori, la reperibilità è buonissima.

martedì 21 dicembre 2010

affiliazione

Virgin Witch
(
Messe nere per le vergini svedesi)
1972

Regno Unito

Regia: Ray Austin

Scritto: Beryl Vertue


Campo sexploitation, ogni pretesto è ottimo per mostrare generose nudità. Storia di fattucchiere e sabba, con tanto di gerarchie stregonesche e iniziazioni. Tema indubbiamente figlio del periodo, al tempo c'era gran attrattiva verso l'occulto e la sua caratterizzazione libertina. Quindi nulla di rilevante in tal senso, originalità di fondo pressoché assente e svolgersi poco ricco di climax sostanziali, per i non cultori si può parlare di incedere noioso.
È invece la realizzazione visiva a sorprendere: buon uso di zoomate, anche in seno ad espressivi primi piani e dettagli, luci e montaggio, quest'ultimo lontano dagli stilemi dell'aplomb cinematografico britannico, ma anzi veloce e ritmato. Insistenza nell'uso del quadro nel quadro, servendosi di specchi ed altre superfici riflettenti; possibile metafora dell'interiorità dei personaggi inquadrati. Insieme ad un'atmosfera squisitamente settantiana e a nudi sì ostentati ma non volgari si viene a creare una gradevole opera pop. Da rilevare anche qualche similitudine con lo stile di altri lavori di Austin, che ,ricordiamo, è la firma registica di alcuni episodi di telefilm come Magnum P.I., Love Boat, Spazio: 1999 ed altri famosi.
Ah, di svedesi non ce ne sono, di vergini ce n'è una sola...

sabato 18 dicembre 2010

mi senti?

Let's Scare Jessica to Death
(La morte corre incontro a Jessica)
1971
Stati Uniti d'America
Regia: John D. Hancock
Scritto: John D. Hancock (Ralph Rose), Lee Kalcheim (Norman Jonas), Sheridan Le Fanu (non accreditato)

Pellicola d'atmosfera , da un regista, John D. Hancock, molto attivo nel campo delle produzioni televisive. Presente la solita magione con baia e lago annessi, diffusa offerta naturale del territorio statunitense, ma anni prima dei classici slasher che sfruttavano questo ambiente. Non ci troviamo comunque di fronte ad opera appartenente a quella corrente, ma ad un horror-mystery con rilevanti connotazioni psicologiche, un buon misto di dramma umano e soprannaturale. Come parte del soggetto, non accreditato, viene indicato anche il classicissimo Carmilla di Sheridan Le Fanu, ma il collegamento è molto labile, trattasi soltanto di un piccolo riferimento.
La parte del leone spetta alla protagonista, interpretata da Zohra Lampert, partecipe anche lei di diverse TV series, ben calata nella parte di ragazza disagiata, ed è proprio il suo rapporto con le voci interne a rendere il film degno di visione. Non mancano momenti da balzo sulla sedia, così come un altro cliché, quello dei cittadini diffidenti del paese ospitante.
Le scelte tecniche non presentato virtuosismi di ripresa, ma lo stile è pulito ed efficace, lontano dai raffazzonamenti di un certo cinema di genere del periodo.
Hancock tornerà ad occuparsi di fantastico e thriller con la direzione di alcuni episodi della serie anni Ottanta de Ai confini della realtà e con un lungometraggio del 2001, Suspendend Animation.

mercoledì 15 dicembre 2010

non mettere mai più piede qui

The Forgotten
(Non guardare in cantina)
1973
Stati Uniti d'America
Regia: S. F. Brownrigg
Scritto: Thomas Pope, Tim Pope

Exploitation! Si astengano palati fini e chi non regge temi forti. S. F. Brownrigg alla regia, pochi film diretti, una manciata di horror e una commedia, tutto all'insegna del low-budget e dell'arte di arrangiarsi. Quello in esame è fortunatamente stato doppiato in italiano, e a dir la verità neanche malissimo. Reperibile soltanto in una vecchia edizione VHS (edita da CVR), ma noi abbiamo una predilezione per i master non in perfetto stato, rovinati dal tempo e con audio ovattato, se il film è poi appartenente ad un genere "laido" come questo meglio ancora, viene accresciuto l'alone di mistero attorno ad esso. Rispetto ad altri horror da "Grindhouse", cioè quelli proiettati nella sale cinematografiche così chiamate, dov'erano spesso visionabili a due alla volta, è però un gradino più in alto, nonostante sia poverissimo tecnicamente e scevro di grandi interpretazioni, si fa valere per una trama dalla forte connotazione sociale, ennesimo richiamo a Il sistema del Dottor Catrame e del professor Piuma di Poe, e per una certa inquietudine che riesce a trasmettere. Tutti si svolge in una casa di curva privata, isolata dal resto del mondo e connotata da una certa libertà data ai pazienti; l'arrivo di una nuova infermiera darà il via a nuove vicende.
A tratti riesce anche a spaventare e non è prevedibile come forse ci si aspetterebbe, peccato per evidenti buchi di sceneggiatura.
Forte uso di espressivi primi e primissimi piani, anche perché c'era poco da enfatizzare nell'ambiente circostante, e soggettive, nonché un uso di piani dal basso e dall'alto per trasmettere differenti significati allo spettatore.
Dicevamo poco sopra delle non eccelse prove attoriali, ma nonostante si tratti di lavoratori alle prime armi o raccattati per l'occasione, tendono ad essere credibili nel loro ruolo di folli, non eccessivamente sopra le righe ed aiutati da dialoghi plausibili per la loro condizione. Fra personaggi decisamente stereotipati spicca qualche interpretazione che non si dimentica facilmente...

domenica 12 dicembre 2010

sentita preparazione

L'instant avant
2005

Messico

Regia: Alvaro Zendejas


Un rituale medico estatico, contemplativo di un mondo, il proprio corpo, personale quanto inesplorato. L'accesso ad esso prevede anche chiavi, oggetti, che paiono vivere di vita propria, e bearsi della loro funzione. Il finale e il catartico momento prima, ci conducono verso un'operazione dal sapore antico, come le immagini presentate in precedenza, che dimostra un culto sia carnale che filosofico.
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venerdì 10 dicembre 2010

sei tu?

The Brøken
(Rotto)
2008
Regno Unito, Francia
Regia: Sean Ellis
Scritto: Sean Ellis

Debole horror di nuova generazione, "lucidato" quanto basta per entrare nel girone della fruibilità da grande schermo, anche se in Italia pare non si sia visto.
Il fascino del tema del doppelgänger, presente in questa pellicola, è però innegabile, va a segno, tasta nervi scoperti dell'umano e del suo rapporto con l'io interiore. Purtroppo però il film rimane impantanato. Probabilmente perché è la pellicola stessa a darne l'idea, ci troviamo ad aspettare una qualcosa che non arriva: né una sorpresa né uno "spiegone" rivelatore, nulla, soltanto la base essenziale e il suo effetto. Poco riuscito anche l'intento di trasmettere tensione, le scene ad hoc sono senza mordente e prevedibili.
Interpretazioni da botulino, personaggi stereotipati, esempi di vite non di certo appartenenti al volgo...
Discreta la fotografia di Angus Hudson virata al bluastro, e da segnalare un buon uso del piano-sequenza e dei fantastici travelling aerei sulla City di Londra.

lunedì 6 dicembre 2010

tradizione

The Faeries of Blackheath Woods
2006
Irlanda
Regia: Ciaran Foy
Scritto: Ciaran Foy

Grande prova formale proveniente dalla verde Irlanda, con tanto di trama ispirata dal folclore locale. Una bambina è all'inseguimento di una farfalla; poco dopo il suo obiettivo diventerà una fatina e...
Essenziale ma ben realizzato, non presenta sbavature tecniche, effetti speciali compresi, e la fotografia veste il tutto da libro di leggende.
Vincitore di diversi premi dedicati ai cortometraggi.
LINK

Moviement n°6

Come detto qui, a gennaio sarà disponibile il sesto numero della collana Moviement Magazine, dedicato al surrealista Jan Švankmajer. Sono orgogliosamente presente in esso come autore del saggio di apertura.
Riporto il comunicato ufficiale:
Il sesto numero di MOVIEMENT è dedicato al regista ceco Jan Švankmajer.
Definito dalla rivista francese Positif un “gigante del cinema contemporaneo” Jan Švankmajer è un regista atipico per eccellenza, “per il controllo artigianale, la vastità dei riferimenti, la singolarità della proposta” (Pitassio, 2000) e per una cifra stilistica che connota tutta la sua produzione assolutamente fuori da ogni schema, è senza ombra di dubbio “uno dei pochi artisti viventi che lavorano nel cinema e che si merita il termine abusato di genio” (Andrew, 2007). Jan Švankmajer è tra i più grandi registi di animazione al mondo, maestro nell'arte dello stop motion è tra i principali esponenti del Surrealismo ceco. Regista, pittore, scultore e poeta, mescola spesso tra loro arti diverse, i suoi film ci trasportano in mondi magici in cui tutto si anima. Questo numero di Moviement si occuperà, attraverso saggi ed interviste, dei vari aspetti che hanno reso unico questo grande maestro visionario, le cui opere hanno ispirato artisti quali Tim Burton, Terry Gilliam e i fratelli Quay. Il regista praghese è tornato in prima mondiale alla 67ma Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, fuori concorso, con Surviving Life “commedia psicanalitica” tra sogno e realtà. Dice Švankmajer: “La nostra civiltà non fa più affidamento sui sogni, dal momento che non possono essere capitalizzati”.
Moviement n°6 – Jan Švankmajer
A cura di Gemma Lanzo e Costanzo Antermite
Formato: 21 x 29,7
Pagine: 112
Prezzo: 12 euro
ISBN: 978.88.904002.8.5
Uscita: Gennaio 2011
Editore: Gemma Lanzo Editore, Manduria (Ta)
www.lanzoeditore.it

sabato 4 dicembre 2010

farina

La jetée
1962
Francia
Regia: Chris Marker
Sceneggiatura: Chris Marker

Singolare e riuscitissimo esperimento, ad opera di Christian François Bouche-Villeneuve, in arte Chris Marker, schivo personaggio ombra con una vita avventurosa e cinematograficamente dedicata principalmente al documentario.
Il film è una "spremitura di pellicola", è infatti strutturato in stile fotoromanzo, con una storia raccontata tramite immagini fisse in successione; non fotografie, ma veri e propri fotogrammi esplicativi estrapolati da sequenze girate in precedenza, tutto accompagnato dalle parole extra-diegetiche dell'istanza narrante. Unica concessione sono delle dissolvenze incrociate per il collegamento di alcune delle immagini.
Rapportabile ad uno sci fi catastrofico, ma con alta concentrazione di filosofia e lirismo; tratta di immagini mai termine più esatto scolpite nella memoria, nuove guerre mondiali e seguenti società allo sbando, potenti conquiste scientifiche e risvolti distopici.
Come detto, un "succo" sostanziale, un anello che strizza l'occhio a cinema, pittura e fotografia contemporaneamente. Possibile valenza simbolica: la riduzione dell'insieme potrebbe essere paragonata alla distruzione della civiltà trattata nella pellicola, con i pochi residui di vitalità; in più c'è una scena con qualche secondo in movimento, e visto si tratta del risveglio di una persona l'affinità si fa più profonda.
Consigliatissimo a chi è immerso in studi formali, agli appassionati di fantascienza e ai... romantici.
PARTE 1
PARTE 2
PARTE 3

martedì 30 novembre 2010

rosse magie

Le spectre rouge
1907
Francia
Regia: Segundo De Chomón, Ferdinand Zecca
Soggetto: Segundo De Chomón

Prodotto dalla Pathé Frères, prima ed attivissima casa di produzione cinematografica di cui abbiamo recensito anche Le Moulin maudit, e scritto e girato da due veri e propri pionieri della settima arte. Opera vicinissima a quelle di Georges Méliès, sia per temi trattati che per scelte stilistiche, avveniristica per i tempi e ben considerata anche in quelli successivi. Da ricordare che, oltre a queste similitudini, esistono anche legami più consistenti fra i due mondi, lo stesso Méliès utilizzava infatti alcune delle invenzioni visive di Segundo de Chomón.
In questo corto c'è un "demone prestigiatore", pretesto per mostrare trucchi di ogni genere; nel finale un'entità lo annullerà.
C'è davvero un considerevole utilizzo delle possibilità del tempo: sovrimpressioni, dissolvenze, colorazioni manuali, animazioni e grande uso dei singoli fotogrammi per creare effetto di scomparsa.
D'atmosfera anche la rossa scelta cromatica presente per tutta la durata.
Visibile su YouTube: LINK

mercoledì 24 novembre 2010

il gusto

Feed
2005
Australia
Regia: Brett Leonard
Scritto: Kieran Galvin, Patrick Thompson, Alex O'Loughlin

Fin dove può spingersi la libertà personale? Cos'è la bellezza? E l'amore? Tutte domande collegate alla filosofia di fondo presente in questo Feed.
C'è un sito web dove vengono mostrate donne corpulente, nutrite a forza da una persona adibita a questo ruolo, che diventa per loro necessaria, in una sorta di simbiosi perversa. Chi accede al sito può anche andare più a fondo, ed i giochi diventano ancora più crudeli... Un detective dalla personalità labile indaga sulla vicenda.
Non male l'idea di base, plausibile seppur cruda e tirata all'estremo, peccato per una stagnazione temporale, infatti il film pare ad un certo punto arrancare, non rinnovarsi e girare su se stesso. Personaggi forse un po' sopra le righe, anche se non eccessivamente stereotipati; ottima l'idea di non presentare nessuno come totalmente vincente, ognuno ha le sue debolezze, non si riesce a simpatizzare ed a immedesimarsi facilmente. Interessante il parallelismo fra protagonista e antagonista, le loro filosofie e la loro concezione dell'amore si scontrano, i dialoghi fra i due svelano magagne personali come in un duello, si perde il senso di giusto e sbagliato, non c'è positivismo nella rappresentazione. Il cibo, al contrario di altre opere ossessive in tal senso, è solo un mezzo, non il fine... Governa sul tutto un'atmosfera tecnologica, di feticismo informatico, da ricordare che il regista è lo stesso de Il tagliaerbe (1992) e Virtuality (1995).
Tecnicamente ci troviamo di fronte al forse abusato stile "videoclipparo", tanto caro alle serie televisive, in special modo quelle poliziesche: continui flashback, accelerazioni da spasmo mentale e una certa pulizia e patinatura. Coraggiosa ed originale invece la scelta di accentuare le tonalità dei colori in alcune scene, con predominanza di giallo, blu o rosso. Profonda e psicologicamente rilevante la preferenza verso riprese grandangolari, a corta focale, che esasperano e deformano gli spazi, una metafora di quello che succede ai corpi delle vittime.

venerdì 19 novembre 2010

le sopracciglia di Roderick Usher

Creazioni di James Sibley Watson e Melville Webber

La produzione di Watson e Webber vanta un qualcosa adatto a deliziare i raffinati palati degli amanti dell'espressionismo cinematografico più noto, può quindi essere un rifugio estetico risalente ad anni in cui la corrente era ormai terminata. Offerta che oltretutto arriva da un paese, gli Stati Uniti, che ha proposto all'arte espressionista altre forme poi divenute punti fermi. La filmografia in esame però non si limita a questo: possono infatti sguazzarvi anche coloro all'eterna ricerca di opere di avanguardia sopite, quelle irte di sperimentazione più acuta. Molto breve come durata, ma simbolica e stranamente poco citata quando si descrivono, ad esempio, i lavori che si rifanno agli anni Venti tedeschi.
Il picco è The Fall of the House of Usher (1928), ovviamente interpretazione del multi presente racconto di Edgar Allan Poe. Perché ricordare questa pellicola? Alla fin fine l'opera letteraria è solo un pretesto per scatenare un'orgia formalista di immagini, distorte quanto basta per ricordare Caligari, pregne di campi statici e pesante trucco di scena. Ma non è tutto. Il film si erge anche a circo astratto, con largo uso di effetti ottici: dominano sovraimpressioni multiple, principalmente con composizioni a triangolo, che, se vogliamo trovarvi applicazione psicologica, descrivono bene i pensieri che attanagliano il protagonista Roderick e sua sorella Madeline; una scomposizione cerebrale. Ricordiamo che Melivlle e Webber assurgono a ruolo sia di registi che di direttori artistici e di fotografia, in più il secondo si concede anche l'interpretazione in scena dell'amico di Rod.
Come il precedente lavoro, anche in Lot In Sodom (1933) si usa il plot come pretesto per mettere in scena della pura sperimentazione. La storia si riferisce alla famosa città di Sodoma dell'Antico Testamento, con la controversa vicenda degli angeli mandati da Dio per testare il comportamento degli abitanti, e la sua distruzione per la pressione fatta sui due, mentre erano ospiti in casa di Lot e della sua famiglia.
I virtuosismi gravitano attorno alle già citate sovraimpressioni multiple, che in questa pellicola esaltano in particolare la leggiadria dei movimenti umani, come anche l'interiorità dei personaggi. Importante il fatto che gli autori si rifanno nuovamente e marcatamente alla composizione dell'immagine, quella della divisione dello schermo secondo una griglia immaginaria, bilanciando il quadro con più punti focali, spesso usufrendo della simmetria bilaterale. Non mancano dissolvenze incrociate e testi ad uso prettamente formale.
Il precedente Tomatos Another Day (1930), ad opera del solo Watson, è molto diverso; innanzitutto è un film sonoro, ed il mezzo lo usa pienamente per proporre dialoghi apparentemente nonsense, tutto in un ambiente ristretto senza molto stacchi di ripresa, al massimo una punta di deep focus...
Concludiamo con Rhythm in Light (1934) di Webber, un brevissimo filmato assimilabile al cinema di animazione, un'opera astratta formata da forme geometriche e luci in movimento, spesso con effetto sfocatura, molto avanti per il tempo, ma questo discorso vale per l'intera filmografia qui presentata.

martedì 16 novembre 2010

return!


Ritornano le puntate della web series fantahorror Return Of The Bloodsucking Nazi Zombies, scritta da Robert Monell e diretta da Mathis Vogel  (Alexander Bakshaev).

Due i nuovi episodi:
Factory Of The Living Dead e The Sinister Dr. Orloff.
Solito stile minimalista, con ammiccamenti retro e citazionisti. Particolarmente accentuato nel secondo episodio è il montaggio iperveloce, fatto di brevissimi campi, quasi un rimando al "montaggio della attrazioni" di Sergej Ėjzenštejn, atto a creare un disorientamento scioccante nello spettatore. Sempre d'effetto la musica dei BIU e Alexander Zhemchuzhnikov, che nell'episodio due fa da contrappunto alla iperattività visiva, ricordandoci il jazz di Giorgio Gaslini nelle perle argentiane.
Peccato solo per una rapidità troppo accentuata degli intertitoli, non sempre si fa in tempo a leggerli...
Da appassionati per appassionati!

sabato 13 novembre 2010

a gennaio si va in Cechia


In questo blog esistono corposi e ben consultati articoli sull'attività cinematografica del maestro Jan Švankmajer, artista ingiustamente poco conosciuto nella nostra penisola. A far loro compagnia, per sopperire nuovamente alla mancanza, a gennaio 2011 arriverà il numero della collana Moviement Magazine, edita da Gemma Lanzo Editore, che si occuperà proprio di far luce sulla sua vita e sulle sue opere. Il saggio di apertura è orgogliosamente del sottoscritto, e pareva giusto segnalarlo...
Nell'attesa si può dare un occhio al sito ufficiale (http://www.lanzoeditore.it/), dove sarà possibile acquistare il numero in oggetto e dove si possono ordinare gli altri in catalogo, cosa sempre consigliata.

venerdì 12 novembre 2010

...e quello statunitense

Il bagaglio artistico viene portato agli Universal Studios di Los Angeles, e ad esso vanno ad aggiungersi gli stilemi del cinema locale. Da notare che negli USA l'artista si è dedicato soltanto alla regia, lasciando in Germania gli altri ruoli.

The Cat and The Canary
(Il castello degli spettri)
1927
Stati Uniti d'America
Regia: Paul Leni
Soggetto: John Willard
Sceneggiatura: Walter Anthony, Alfred A. Cohn, Robert F. Hill

Il primo film di Leni americano è un horror con venature umoristiche, basato sullo spettacolo teatrale The Cat and the Canary*, ad opera di John Willard e ripreso molteplici volte in campo cinematografico. È una trama vicina al giallo classico, non originalissima, ma di certo non estremamente prevedibile.
Paul non smentisce il suo eclettismo visivo, e riesce nuovamente a fondere più correnti, diverse caratteristiche: ha portato con sé il seme dell'espressionismo tedesco, evidente nella recitazione caricata e nel pesante trucco degli attori, e da ciò ne trae beneficio il lato oscuro delle vicenda. Fortemente innovativi per l'epoca sono alcuni espedienti visivi, l'autentico pezzo forte dell'opera. Ci riferiamo, oltre all'impiego delle sovraimpressioni, che rendono la sequenza iniziale degna di ricordo, all'utilizzo di alcuni intertitoli curati graficamente, "urlati", tanto da trasmettere emozioni che sopperiscono alla mancanza del sonoro. Plauso alla fotografia di Gilbert Warrenton.
Ottime le interpretazioni, in particolare Laura La Plante, nella parte di Annabelle West, e Martha Mattox in quella di Mammy Pleasant.
Può entrare a pieno diritto nel filone delle "case" (infestate e non), ma lasciamo perdere il titolo italiano, l'originale voleva intendere una pressione esercitata su un individuo, tanto da portalo alla follia.
*si dice anche di un origine da un racconto di Agatha Christie, ma non abbiamo trovato riscontro.

The Man Who Laughs
(L'uomo che ride)
1928
Stati Uniti d'America
Regia: Paul Leni
Soggetto: Victor Hugo
Sceneggiatura: J. Grubb Alexander, Walter Anthony, May McLean, Marion Ward, Charles E. Whittaker

Ritenuta la punta di diamante della produzione del regista, noi gli preferiamo altri titoli, per una maggiore propensione al weird, cosa su cui non è improntata quest'opera. È proprio una trasposizione del noto romanzo omonimo di Victor Hugo, e per la trama vi rimandiamo ad esso, basta sapere che molto, contestualizzandolo, è ancora attualissimo.
Vi è un distacco maggiore dal cinema delle avanguardie, ed i binari deviano maggiormente sul découpage classico, con montaggio analitico e alternato. Interessante però sono alcuni sperimentali scampoli di sonoro presente, soprattutto grida e richiami, preludio alla prossima era del suono nel cinema.
Potentissima l'interpretazione del mostro sacro Conrad Veidt, nei panni del protagonista Gwynplaine, ma un po' tutti fanno bene la loro parte: Mary Philbin (Dea), Brandon Hurst (Barkilphedro), il cane Zimbo (Homo) e Olga Baclanova (duchessa Josiana) , la Cleopatra di Freaks, che oltretutto mostra un accenno di nudo fuori dalla norma per quegli anni.

Altri film girati in USA:
The Chinese Parrot (1927)
The Last Warning (1929)

mercoledì 10 novembre 2010

il Leni di Germania...


Appartenente al gruppo degli avanguardisti tedeschi emigrati negli USA, Paul Leni si è applicato maggiormente, in senso di mole di lavoro, nel ruolo di direttore artistico più che in quello di regista o sceneggiatore. In questa sede vogliamo un po' slegarlo dal parere generale che lo vede quasi totalmente immerso nella tendenza espressionista, secondo noi i suoi lavori hanno varcato anche le soglie di movimenti come il Kammerspiel o il Neue Sachlichkeit, magari fondendo più caratteristiche. Certamente un grande sperimentatore, innovativo e caratterizzato, ma ben calato anche nei progetti di narrativa più vicina al classico, cosa che avrebbe approfondito se la sua vita non fosse stata sfortunatamente così breve.

Della sua attività registica non c'è molto di reperibile in commercio, soltanto i suoi film più famosi conoscono degna distribuzione.

Hintertreppe
1921
Germania
Regia: Leopold Jessner, Paul Leni
Scritto: Carl Mayer


Mediometraggio drammatico dalla forti connotazioni sociali, storia d'amore e di comprensione, permeata da spirito di adattamento. Anche specchio del buio economico presente al tempo Repubblica di Weimar. Racchiudibile nell'insieme della Nuova oggettività, vi sussistono situazioni verosimili, con ambienti che non presentano esasperazioni geometriche, e l'attenzione è posta sui soggetti che intensificano gli stati emozionali all'estremo, unico punto dove c'è un minimo distacco dal realismo in senso strettissimo. Tocchi rilevanti anche nella parte iniziale, dove viene dato dato risalto scenico ad oggetti che scandiscono la vita quotidiana dei protagonisti.
Das Wachsfigurenkabinett
(Il gabinetto delle figure di cera)
(Tre amori fantastici)
1924
Germania
Regia: Leo Birinski, Paul Leni
Scritto: Henrik Galeen

Fantastico film ad episodi, il gioiello teutonico di Leni. Scritto dal maestro Galeen, partecipe di famosi capolavori come Nosferatu il vampiro di Muranu e i due più celebri adattamenti sulla leggenda del Golem, scritti a quattro mani con Paul Wegener: Der Golem e Der Golem, wie er in die Welt kam.
Nel museo delle cere locato in luna park si cerca uno scrittore capace di creare storie sulle statue presenti. L'artista che risponde all'appello ci porterà nei mondi* di Harun al Raschid, Ivan il Terribile e Jack lo squartatore.**
La prima parte immerge in uno scenario da Mille e una notte, il protagonista è infatti anche parte del celebre romanzo. Accento sui primi piani, movimenti facciali da Kammerspiel, trasferimento psicologico dagli attori allo spettatore, come prassi che il buon Carl Theodor Dryer ci narrava. La scenografia presenta invece forme espressioniste, irregolari, che risaltano il carattere architettonico arabo e che vanno ad accrescere le influenze presenti nell'opera, fuse insieme degnamente. Stessa profondità per l'episodio di Ivan IV, con la sorprendete interpretazione di Conrad Veidt nei panni dello Zar. Uso estremo di mezze figure, primissimi e primi piani, e sensazionali le virate cromatiche: ora dorate per fare riecheggiare lo sfarzo degli ambienti e dei costumi ortodossi, ora blu come la neve ed il freddo russo.
Festa sperimentale il terzo episodio, quello più onirico, scioccante ed originale; breve ma intensissimo, puramente formalista. Le linee del parco dei divertimenti turbinano in modo selvaggio, e sommate alle sovrimpressioni rendendo inquietante un luogo che dovrebbe comunicare gaiezza e disimpegno, un contrasto che in seguito sarà spesso ripreso. Ricollegabile a pieno diritto al mondo espressionista, analogo al suo più grande esponente, opera mito di questo blog: Il gabinetto del dottor Caligari.

*su una versione inglese della pellicola viene nomato anche Spring Heeled Jack, che è un diverso personaggio del folclore britannico. L'aspetto della statua è però più simile a quello supposto di Jack the Ripper.
** era previsto anche un episodio su Rinaldo Rinaldini, infatti si intravede per un istante la sua controparte di cera.

Altre pellicole girate, in veste di regista, nel periodo tedesco:

Das Tagebuch des Dr. Hart
(1916)
Prima Vera (1917)
Dornröschen (1917)
Das Rätsel von Bangalor (1918)
Die platonische Ehe (1919)
Prinz Kuckuck - Die Höllenfahrt eines Wollüstlings (1919)
Patience (1920)
Die Verschwörung zu Genua (1921)
Rebus Film Nr. 1 (1925)
Rebus Film Nr. 3 (1925)

domenica 4 luglio 2010

rediviva oasi

Return Of The Blood-sucking Nazi Zombies
episodio 1 - Dr. Orloff's Monster
2010
Stati Uniti d'America/Russia
Regia: Mathis Vogel (Alexander Bakshaev)
Scritto: Robert Monell

Seguiamo questa mini serie Sci Fi, è un carino intrattenimento...
Omaggio al "di genere" che fu, i richiami sono a personaggi quali Jesus Franco (notare il titolo dell'opera), Luigi Cozzi, a varie produzioni italiane e a tutto qull'universo che presentava mad doctors e stilemi vari.
E' un evidente no budget, creato con passione e tanta inventiva, ma il risultato, specialmente dal punto di vista della fotografia, non è malaccio.
Un complimento è d'obbligo anche alla situazione sonora, minimale e claustrofobica, ad opera del gruppo BIU (http://www.myspace.com/0biu), di cui fa parte il già citato in passato Alexander "FLE" Zhemchuzhnikov.
Al prossimo episodio!

mercoledì 30 giugno 2010

sangue e whisky

Six Shots
Alfredo Mogavero
Edizioni XII

Da Edizioni XII arriva questa micidiale pistola di carta, con sei colpi in canna di quelli tosti...
Giovane autore, Alfredo Mogavero, ma già con un discreta impronta, che si adatta perfettamente al mondo della rilegatura.
Il genere è western, ma da prendere con le molle, troviamo infatti una mistura weird, un po' orrorifca, un po' fantascientifica, con larghi spazi ironici, grotteschi, psicologicamente profondi... Il libro è "facile" e scorrevole, si legge che è un piacere, e noi l'abbiamo alternato addirittura ad altre due pubblicazioni; cosa questa che consigliamo, cinematograficamente è come fare un break con qualche sano spaghetti western fra un documentario e un malloppone storico.
Analizzando i racconti più da vicino, senza scendere in eccessivi dettagli, diciamo che ci ha fatto un immenso piacere trovare sorprese grandguignolesche nel bel mezzo di una cittadina del Far West, così come rivivere situazioni alla Twilight Zone. Quest'ultima sensazione l'abbiamo provata con ben due diversi racconti, ed uno di essi, Nebbia e silenzio a Cherokee Hill, l'abbiamo eletto a preferito del volume. Si passa poi a situazioni truci quanto alcuni film di genere, una violenza alla Castellari con punte di erotismo alla Jesús Franco o alla Joe D'Amato. C'è spazio anche per fumettoni macabri e... romanticherie! Già, questo libro potrebbe anche farvi scendere una lacrimuccia!
Colpisce molto la caratterizzazione dei personaggi, in particolar modo la simpatia di alcuni; per secondo si denota una certa cura nella descrizione verosimile degli ambienti (si vede che dietro c'è un appassionato studio del periodo), al di là della rappresentazione pop.
Nel complesso bisogna dire che è un po' breve, forse "incompleto", come se l'autore avesse avuto fretta e non avesse espanso a dovere le vicende. Comunque tutto risolto, si prevedono seguiti!
La casa editrice che pubblica quest'opera merita una grande attenzione, dà infatti voce anche a generi bistrattati altrove e ad autori emergenti. Menzione anche per la favolosa estetica dei volumi.
http://www.xii-online.com/
http://eshop.xii-online.com/store/product_info.php?products_id=1137

lunedì 28 giugno 2010

un nuovo concerto d'incubo

Esperimento metacinematografico in due capitoli, dalla creativa J. I. Productions. Dichiarato rimando a Un gatto nel cervello del grande Fulci, improntato ossessivamente come l'ispiratore. Cinema nel cinema, estrapolazioni da precedenti lavori, amalgama di passato e novità. Visione proposta anche da noti maestri come Godard...

Cut & Paste
2007
Regno Unito
Regia: Jason Impey
Scritto: Jason Impey

Oltre alla particolarità della proposta descritta, il film si fa notare per un buon ritmo, rispetto ad altre produzioni punta più sul trasporto adrenalinico, e lo fa con un buon gusto fotografico, nonostante la povertà delle ambientazioni. Decisa anche la componente grottesca; i protagonisti, sia gli stessi ideatori, che altre presenze del solito team(Jennifer Louise Newland, Helena Martin, Michelle Young, Nick Stoppani ed altri) fondono passione e divertimento, c'è voglia di non esasperare in serietà, e con questo approccio riescono a porsi anche simpaticamente. Ciò, comunque, non sminuisce la tensione presente in alcune scene, che ripercorrono gli stilemi dell'horror contemporaneo. Non dimenticato neanche il "marchio" della ripresa dall'abitacolo!
In negativo segnaliamo una parte centrale un po' prolissa, che spezza forse eccessivamente il ritmo.
Adempie al compito anche la musica, a firma di Jason.

Cut & Paste 2
2008
Regno Unito
Regia: Jason Impey
Scritto: Alex Bakshaev, Jason Impey

Tecnicamente migliore dell'originale, con scelte cromatiche più mature ed effetti più ricercati. La sequenza iniziale e parte di quella in notturna con Bakshaev non sfigurerebbero in ambiti professionali. Si elevano le presenze femminili, con punte di dolcezza e spregiudicatezza: Julie Gilmour, Alexandra Kelly, Sharon Impey, sempre Jennifer Louise Newland, Michelle Young, Helena Martin; non sveliamo chi protende verso una caratteristica, chi verso un'altra...
Discreto anche il make up zombesco, in una scena che ci ha ricordato William Hinzman, prima macabra apparizione de La notte dei morti viventi e il Timmy Baterman di Cimitero vivente.
In generale, un pelo meno volutamente ironico del precedente, ma sicuramente più d'impatto.

Primo capitolo acquistabile qui: http://www.amazon.com/Cut-Paste-Jason-Impey/dp/B002GYWCHM/ref=sr_1_1?ie=UTF8&s=dvd&qid=1277730672&sr=1-1

giovedì 10 giugno 2010

Splattergramma chiude

Se vogliamo parlare di "espressioni", riferite ad un certo ambito, è d'uopo menzionare anche chi le fa scoprire e le analizza. E' il caso dell'utilissimo Splattergramma, sito di brevi news "di genere", ma in senso molto largo, con sguardo verso svariati campi: cinema, musica, videogames, editoria, ecc. Curato da Elvezio Sciallis, Andrea Bonazzi, Simone Corà, Lorenzo Mastropierro, Valentino Sergi.
Perché lo citamo? Perché, come da titolo, è stato costretto a chiudere. Gli autori fanno un mea culpa, parlando di loro errori, ma noi invece vogliamo porre l'accento, per quanto ormai quasi retorico, sui gusti medi della popolazione. Premettendo che stiamo parlando del campo dell'intrattenimento, diciamo che si va sul sicuro solo con quell'arcinoto tipo di informazione, fatto di scontri verbali vari, violenza(non quella simulata), satira politica da zappa sui piedi, quella che riesce solo ad aumentare il lustro del personaggio attaccato, manichini vulvari e via su questo filone. Cose che contestano in tanti, ma di cambiamento non c'è ombra... Rimane poco spazio per altro, ma tanto ve n'è per le ancora troppo residenti forme di superficialità e bigottismo, che ritengono certe forme d'arte sadiche o scabrose a prescindere, prevedibili e noiose, infantili e stupide. Che dire, per lor fortuna ci sarà sempre qualcuno che ci informerà su che tipo di apribottiglie usa Lady Gaga, proponendo notizie simili anche più di una volta al giorno.
Ritornando a noi appassionati, nel post di chiusura degli autori si fa anche un riferimento ai grandi portali di genere, ed anche in questo caso facciamo notare come un po' di lustrini in più possan esser di richiamo, come il "piccolo" ma di qualità sia quasi sempre destinato a soccombere verso il gigante pregno di pubblicità. E' di certo vero che anche i media di quel tipo abbiano una proposta interessante, ma noi auspichiamo una convivenza quasi utopica...
Nello stesso post si parla anche di una "ristrettezza di gusti", quasi una mancanza di volontà di guardare nel giardino di fianco, una sorta di rigidità preferenziale; argomento interessante, da approfondire sicuramente.
Ci aspettiamo un ritorno, nel frattempo poniamo i dovuti ringraziamenti.

sabato 5 giugno 2010

MOVIEMENT MAGAZINE - Quentin Tarantino

Moviement Magazine
Quentin Tarantino
Autori vari
Gemma Lanzo Editore

Ne avevamo parlato in precedenza, tramite la voce degli editori; ora ci concentriamo, con parole nostre, sull'ultimissima uscita.
Moviement, edito dalla giovane e prolifica Gemma Lanzo Editore, uno sguardo particolare sul cinema, pubblicazione che ha trattato, oltre al numero sull'horror italiano, anche i registi David Lynch, Terrence Malick e Kira Muratova.
Questa volta è il turno del celeberrimo Quentin Tarantino, amato/odiato elemento hollywoodiano.
Con grande gioia comunico che anche il sottoscritto ha fatto parte del team creativo, con ampia lusinga di essere presente su una pubblicazione prodotta da/per veri amanti della settima arte.
La rivista vanta un approccio di stile, molto professionale e ricercato, diverso da semplici, ma ovviamente pur sempre valide, recensioni "classiche".
La visione contempla il lato tecnico, come musiche, suoni, scenografie, costumi, ma si presta anche ad approfondimenti sociologici, filosofici... L'idea è che vada oltre ciò che salta subito all'occhio, scavi nell'anima dei fotogrammi, quindi possono essere sollazzati i palati dei neofiti come quelli dei più addentro.
In questo numero segnaliamo, senza svelare più di tanto, diversi richiami "tarantiniani" al cinema passato, un articolo sulla parte sonora, uno specifico sull'universo Jackie Brown, su quello di Bastardi senza gloria, scenografie e costumi (curato da me), estetica della violenza, interviste e stralci di dichiarazioni del diretto interessato... tutto ciò di cui può cibarsi un "quentiniano" DOC, tramite la penna di esponenti di gran rilievo del mondo della critica cinematografica o delle cattedre universitarie
Ben studiata anche l'estetica, il volume si presenta simile ad un copione, dai tratti moderni e minimali.
Reperibile in un circuito di librerie, anche su richiesta, ed ovviamente sul web, anche ai maggiori bookstore.
Per maggiori informazioni:
sito dov'è possibile acquistare le pubblicazioni della casa editrice: http://www.lanzoeditore.it/
sito del distributore: http://www.ndanet.it/home.php

martedì 18 maggio 2010

taci e assapora

Contact
2009
Stati Uniti d'America
Regia: Jeremiah Kipp
Soggetto: Jeremiah Kipp (basato su "The Pod" di Carl Kelsch)

Veloce, intenso e bruciante come un trip di crack questo corto b/n di una decina di minuti.
La coppia che, materialmente, assume lo stupefacente si trova ad essere la rappresentazione carnale dei pensieri da viaggio tossico. I sensi alterati sono resi con sequenze d'effetto, dall'inquadratura studiata e psichedelica; ci descrivono stati d'animo così profondi da risultare quasi disgustosi e distruttivi, anche nel momento di picco. Ci si insegna che la pelle umana può essere tela delle nostre emozioni, o essere arte essa stessa, senza tanti fronzoli.
Il desiderio di ristabilizzazione sociale apre e chiude la pellicola, con la scelta a bivio: sarà di nuovo vortice?
Tecnica a livelli professionali per il sig. Kipp, coadiuvato dal serrato montaggio e dalla fotografia di Dominick Sivilli.
Dialoghi quasi inesistenti, lo spazio sonoro è tutto per il rimbombante audio ad opera di Tom Burns, martellante come i pensieri di una fase down...

giovedì 6 maggio 2010

passività

Critique de la séparation
1961
Francia
Regia: Guy Debord
Scritto: Guy Debord

L'epoca passa; cosa si è fatto?

«Il vino della vita è spillato, e la feccia soltanto è rimasta sotto la volta di questa cantina pomposa».

Il cinema non è.

mercoledì 28 aprile 2010

il piacere

Vigasio Sexploitation
2009
Italia
Regia: Sebastiano Montresor
Soggetto: Sebastiano Montresor
Sceneggiatura: Sebastiano Montresor, Alice Seghetti

Vigasio, perfetta location per le espressioni del cosiddetto"cinema agricolo": una situazione, un modo di vivere, più che un qualcosa catalogabile sotto una forma d'arte.
La trama parla di un contagio, ma di quelli profondi ed intimisti, alimentati dal nostro stesso inconscio represso. Quale miglior modo per rappresentarlo che un uovo? Come nei polli, vive in noi, con il contributo della nostra stessa persona; la "Macchina Morbida" viene chiamato il virus che trova terreno fertile nelle sinapsi dei contagiati, già naturalmente predisposte. Diversi personaggi vengono infettati, o per meglio dire entrano nella loro stessa spirale, e l'unico modo per liberarsi è un surrogato, non altro che la propria forza di volontà. C'è l'Agente Danger, che subirà la carnalità della Donna-Dixan, spettro di desiderio; il Dr. Muñoz (nome sicuramente ispirato da Aria fredda di Lovecraft), che seppur conscio del virus, finirà comunque nel vortice, con l'exploit dei suoi vizi voyeuristici e di gioco. A risolvere la situazione, cercando di combattere le varie forme del male, la Mummia e la "burattinaia" Signora Lena, ci sarà l'Agente Eva, ma l'epilogo si risolverà in modo alternativo...
Massima libertà di comunicazione in questa pellicola, che paradossalmente può tradursi in qualcosa di più ostico rispetto ai canoni. Il punto è proprio questo: cosa è più libero? Le pretese mainstream televisivo-cinematografiche, quelle che vogliono soltanto imporre un modello che è in realtà maschera sociale, o il progetto agricolo dove tutto viene vissuto con grande naturalezza e sperimentazione, dove non esistono nascosti travisamenti per far bella figura con il prossimo, ma maschere volutamente tali e chiare? In tempo di show urlati, remake con la sola caratteristica di caotici effetti, o mitologie e scienza proposta soltanto "baracconisticamente" troviamo in contrapposizione qualcosa di sussurrato musicalmente, quasi un alito di vento, con "verbalità" tramite intertitoli, utili a rendere le parole ancor più dello spettatore, che diventa lettore, entrando ancora più all'interno della summa agricola. Notevole determinazione anche nella scelta dei cromatismi, un verdino che unito al buio dello sfondo rende l'ambiente un limbo quasi immateriale, surreale. Complimenti quindi anche al direttore della fotografia Daniele Trani.
Per l'ispirazione gli autori citano Burroughs, lo psichedelico Begotten (made in USA ;) ) ed una vasta amalgama, a noi è venuto in mente vario Lynch, il giapponese Uzumaki di Higuchinsky e via di questo passo...
A tratti vagamente "debordiano", quasi intenzionato a distruggere l'elemento cinema come conosciuto, in favore di una manifestazione di emancipazione che rende tutti partecipi della stessa situazione.
Film, extra ed altro presenti sul sito ufficiale: http://www.vigasiosexploitation.com/
Un grazie alla "Mummia" ( http://totemica.blogspot.com/) per averlo presentato ed avermi permesso di scoprirlo.

martedì 20 aprile 2010

cammino

BitterSweet
2008
Regno Unito
Regia: Alexander Bakshaev
Soggetto: Alexander Bakshaev
Sceneggiatura: Alexander Bakshaev, James Vollmar

Altro parto di Bakshaev e i suoi intimi collaboratori, condensato in venticinque minuti.
Storia di un uomo tormentato, Travis, critico e sceneggiatore cinematografico, assalito da esistenzialismo, alla ricerca di un compimento... Gli aleggia intorno il fantasma del suo passato amore, che influisce sulle sue azioni, lo tormenta...
Ci complimentiamo con gli autori innanzitutto per la forma tecnica, l'opera non appare affatto come amatoriale, c'è un gusto dell'inquadratura di gran rilievo. Sono soprattutto gli interni a spiccare, vi è una notevole valorizzazione delle geometrie.
La recitazione, con l'evolversi della vicenda, è molto emotiva, intimista, un viaggio all'interno dell'anima del protagonista. Evidenti influenze "godardiane", con un omaggio diretto tramite locandina di "Fino all'ultimo respiro". Presente anche la spiaggia, simbolo di "arrivo" vitale. Forse uno script più acerbo di Naked Trip, probabilmente non pensabile, salvo modifiche, entro una durata da film canonico, ma comunque non banale o raffazzonato.
La direzione della fotografia è affidata a Kemal Yildirim, mentre Jason Impey ha in mano le redini di camera operatore e addetto al suono, oltre ad apparire in un cameo con Jennifer Louise Newland. Abbiamo notato anche un segno distintivo del suddetto team: l'inquadratura interna dell'abitacolo di un'auto, con la visuale del passeggero sui sedili posteriori, ormai quasi un loro marchio di fabbrica. Le musiche sono affidate al professionale Alexander "FLE" Zhemchuzhnikov, e sono d'atmosfera come sempre.
Continueremo a tenere d'occhio questo Bakshaev, che promette nuovi e particolari lavori.

lunedì 19 aprile 2010

cosa si è fatto?

Sur le passage de quelques personnes à travers une assez courte unité de temps
1959
Francia
Regia: Guy Debord
Scritto: Guy Debord

La ricerca del passaggio all'interno dell'inverno e la notte della vita.

Spiegazione epoca di trasformazione: dialettica, con contrapposizione fra forze produttive della società e i rapporti di produzione.

La natura dell'individuo inespressa, persa nell'urbanizzazione del capitale.

Burattinaio su cultura.

Cinema: riversamento di mancanze, quindi morto.

Star: specchio di lontananza.

sabato 17 aprile 2010

trance

Dervisi
1955
Jugoslavia
Regia: Aco Petrovski

Breve documentario sulla setta musulmana Rifai e sui dervisci, locati a Skopje, in Macedonia, luogo di produzione della pellicola.
Riprese all'interno del tempio dedicato, con narrazione che spiega nel dettaglio usanze ed arredo sacro.
Suggestiva ed ipnotica la realizzazione, soprattutto nella parte finale, dove i toni si fanno macabri, per via di alcuni riti attivi sulle proprie carni. Importante anche il sonoro, con le musiche e i canti originali.
Memoria storica di luoghi mutati e variegati...
Su Europa Film Treasures.

sabato 10 aprile 2010

due lampi

Parliamo di due estratti, estrapolati dal film ad episodi Gakkô no kaidan G, del 1998. Vi hanno partecipato diversi autori, ma vogliamo concentrarci sulle tranche scritte e dirette da Takashi Shimizu, diventato famoso per i vari Ju-on e relativi remake statunitensi.
4444444444: evidenti "prove tecniche" per i successivi lungometraggi, il plot dirà qualcosa a chi ha conosciuto prima le altre pellicole.
Un ragazzo trova un cellulare e...
Da notare la presenza del lato oscuro della tecnologia, questo nell'anno in cui è appena iniziata la larga diffusione per il J-Horror, filone che ripresenterà il tema. Ottimo anche lo scenario naturale, decisamente partecipe.
Katasumi: di nuovo personaggi riutilizzati in seguito, con ambientazione studentesca che fa pensare, come anche nell'altro corto, a leggende metropolitane che corrono fra i giovani.
Entrambe le opere durano soltanto sui tre minuti, ma l'impatto è sorprendente...
Noi li abbiamo visionati con i sottotitoli in italiano, ma su YouTube si trovano delle buone versioni "subbate" in inglese.

martedì 6 aprile 2010

bianco e nero

Hurlements en faveur de Sade
1952
Francia
Regia: Guy Debord
Scritto: Guy Debord

Le arti future saranno sconvolgimenti di situazioni, o niente.



Eravamo pronti a far saltare tutti i ponti, ma i ponti ci han fatto difetto.



Da fanti perduti noi viviamo le nostre avventure incomplete.

domenica 4 aprile 2010

che la mente sia pronta a ricevere!

The Cabinet of Jan Švankmajer
1984
Regno Unito
Regia: Keith Griffiths, Stephen Quay, Timothy Quay

Gli allievi descrivono il maestro. Breve ed esplicativo cortometraggio dove i gemelli Quay racchiudono una larga fetta del mondo dell'artista ceco, tutto animato nel consolidato passo uno.
La figura principe del film, che rappresenta la persona di Jan, è un parto in stile Arcimboldo, pittore guida per tante espressioni dello stesso Švankmajer. Lo sfondo è ancora quello della Praga "socialista", descritta più per estetica che per visione sociale; dimensione surrealista, infatti viene presentata appaiata a Parigi.
Non poteva mancare l'infanzia ed il suo inconscio, che vale anche come impersonificazione dell'allievo, in questo caso gli autori della pellicola. La filosofia degli oggetti occupa gran parte dell'opera, l'unione onirico-realista prende nuovamente il sopravvento. Tempo anche per le "esperienze tattili", pratica testata da Švank e sua moglie.
Finale dedicato alla spiegazione del trasporto del surreale in pellicola cinematografica...
Scelta indiscutibilmente azzeccatissima quella della musica di Zdeněk Liška, partner storico di Jan, che, insieme alle immagini, rende il progetto non dissimile da quelli d'ispirazione.

venerdì 26 marzo 2010

dalle tenebre

Un'ombra nell'ombra
1979
Italia
Regia: Pier Carpi
Soggetto: Pier Carpi
Sceneggiatura: Pier Carpi

Pier Carpi, scrittore, fumettista e personaggio variegato, si è impegnato anche nel mondo cinematografico, nei ranghi di soggettista e regista. Due le opere create sotto quest'ultimo ruolo: una è Povero Cristo, dramma a tinte mistiche, l'altra è Un'ombra nell'ombra che qui analizziamo.
Tratto dal suo romanzo omonimo, è un particolare horror esoterico, ricco di presenze demoniache e riti orgiastici.
Storia non molto variegata, ma con pieghe utili anche a ragionamenti sociologici sul mondo muliebre.
Flemmatico l'andare delle vicende e abbastanza "imbambolati" gli attori, ma il tutto può comunque funzionare per via di un taglio sussurrato, dove non sono necessarie sequenze caotiche. La parte del leone la fa Lara Wendel (nota star dell'epoca, ricordata per i suoi ruoli ammiccanti abbinati alla sua giovane età) che, senza sforzarsi più di tanto, impersona un personaggio inquietante nella sua freddezza.
Degne di nota le scene del rito esorcizzante e le apparizioni diaboliche, tali da rendete sensato il titolo del film.
Purtroppo la versione che circola è cut, ciò riduce la possibilità di giudizio.