OCCHIO: degustazione, esegesi...   ESPRESSIONI: visioni, letture, arte...

martedì 27 ottobre 2009

il bacio di plastica

La ragazza di latta
1970
Italia
Regia: Marcello Aliprandi
Scritto: Marcello Aliprandi, Fernando Imbert, Françoise Leherissay

Torniamo a proporre un altro estratto dalla miniera d'oro del panorama italico anni settanta, pregno di leggerezze quanto di profondità e impegno.
Pellicola questa di difficile definizione, potremmo definirla commedia , ma il termine è davvero stretto...
Rossi Osvaldo, impiegato nell'ala finanziaria della Smack, grossa azienda con ramificazione in molteplici settori, vive pienamente la sua personalità, rinunciando a quei tratti generali sposati dalle persone che gli stanno intorno. Rinuncia all'omologazione in ufficio, aspetto compreso, rifiuta di acquistare il mezzo di locomozione ambito e sfoggiato da tutti, un'auto prodotta dalla Smack stessa (la Rolls Smack), preferendo spostarsi in pattini a rotelle. Anche con la moglie ha le sue difficoltà, lei dirige un atelier di monda ed è accecata dal culto del lavoro full-time, sacrificando anche i momenti di relax. Riesce a trovare ristoro in rare occasioni, una è nell'impegno in un insolito gioco svolto con degli amici, comunque vissuto anch'esso nella sua ottica non conforme.
Uno strappo avviene con la visione di una ragazza, apparentemente alienante e sognante come lui, al di fuori del sistema. Incontri onirici con costei si alternano al trantran oppressivo: festini con amici della moglie, fintamente emancipati e tutti consumismo e spicciola carnalità, pressanti dirigenti che spingono il povero impiegato ad uniformarsi, in cambio di maggior benessere e visibilità con i superiori. Non mancano neanche i commentatori da strada, popolino giudicante e sparlante. Non basta corazzarsi e contrattaccare, scena rappresentata con il Rossi che indossa una vera e propria armatura, gli attacchi continuano ed il peggio arriva imbattendosi con il massimo esponente del degradato mondo, il Dottor Smack. Costui tenta di dare un colpo fatale, trasformare l'informalità del suo sottoposto nella più alta formalità possibile, decretandolo suo successore. Unica direttiva sarebbe rinunciare al proprio essere e standardizzarsi, ma L'Amore per l'anomala donna degli incontri farà declinare la proposta.
Nonostante ciò, la vita di prima sembra continuare, il tutto avvalorato dalle predizioni di un più che "felliniano" mago incontrato durante l'ennesima ricerca del suo tesoro.
Ci si avvia così verso il malinconico finale (SPOILER), la donna dei suoi sogni è semplicemente una produzione commerciale (modello XYZ4Bis) della famigerata ditta, uno dei tanti automi ordinabili per combattere commercialmente anche la solitudine, facendo leva su creazioni ad hoc per gli acquirenti. E' la goccia, Osvaldo, dopo una prima ed aggressiva riluttanza, accetterà la compagnia di lei e si uniformerà; guiderà la Rolls Smack e assumerà l'aspetto di tutti... (FINE SPOILER)
Davvero un gioiello quest'opera, critica al consumismo capitalista disegnata con un'impronta surrelista, bretoniana! Nonostante la povertà di mezzi, diverse scene sono delle vere e proprie opere d'arte, magari non immediate causa potente astrattismo, ma cariche di un irriverente significato. Grande ruolo anche per l'accompagnamento sonoro di Nicola Piovani, eseguito da Stelvio Cipriani, ed in gran forma i due protagonisti, una leggiadra Sidne Rome e un non meno bravo Roberto Antonelli (concittadino di chi scrive) .
Sembra sparito dal mercato, niente DVD, nessuna programmazione sulle principali TV in chiaro (trasmesso però dal canale Super 3, quindi...); la Smack non vuole proporlo... ;)

mercoledì 21 ottobre 2009

scrutando dall'ombra

Il gatto dagli occhi di giada
1977
Italia
Regia: Antonio Bido
Scritto: Antonio Bido, Roberto Natale, Vittorio Schiraldi, Aldo Serio
Sceneggiatura: Vittorio Schiraldi

Siamo nel vasto mondo del giallo/thriller all'italiana, portato alla massima popolarità da Dario Argento e ritenuto pilastro fondamentale del nostro cinema ormai passato.
Trama che si snoda fra molteplici vicoli: avviene un omicidio, un'attrice percepisce inaspettatamente un dettaglio scomodo e per questo viene perseguitata dall'omicida. I delitti continuano, così come i rischi per la protagonista; in seguito sarà aiutata da un amico, pronto a tuffarsi nel labirinto di indagini. Finale inaspettato.
Non tra i famosissimi del periodo, ma degno di rilevanza per la realizzazione globale, partendo dalle ottime interpretazioni. Non mancano i momenti di tensione, doverosi per un thriller, accompagnati dagli ottimi temi musicali. Su quest'ultimo aspetto vorremmo soffermarci un po' di più: realizzati dal gruppo Trans Europa Express, presentano chiarissimi rimandi ai Goblin delle opere "argentiane", pur elevandosi per maestria tecnica.
Altra caratteristica usuale e qui riproposta degnamente è l'ambientazione urbana, con quell'idea di eventi che potrebbero capitare nel quotidiano di chiunque.
Bido si ripresenterà l'anno dopo con Solamente nero, altro thriller, poi cambierà totalmente direzione.

sabato 17 ottobre 2009

figure tragicomiche

ハウス (Hausu)
1977
Giappone
Regia: Nobuhiko Ôbayashi
Soggetto: Chigumi Ôbayashi
Sceneggiatura: Chiho Katsura

Storia più che classica, ma confezione spumeggiante! Chiunque incappi in codesta pellicola non può rimanerne indifferente, colpisce per le peculiarità o delude per... le peculiarità.
Una studentessa, causa situazione familiare non accettata, parte per una vacanza di gruppo, raggiungendo la zia in una vecchia magione.
Orrore e commedia si fondono in un'amalgama caleidoscopica, un tornado di effetti visivi di stampo vintage. In molti momenti vicino ai film d'animazione, eclettico anche nell'unione di suono e grafica. Siamo nel '77, ma avanti di vari anni come inventiva. Evidente, per l'appassionato, anche ciò che in seguito ha ispirato: Evil Dead e seguiti (La Casa in italiano) torna in mente in più di un'occasione(se la pellicola è stata assaporata in precedenza, nonostante sia ovviamente più recente, il primo capitolo è del 1981). Raimi stesso, il regista, ha ammesso di avere particolare stima per la filmografia orientale di genere. Oltre a riprendere l'originalità delle scelte visive, sembra sia di richiamo anche l'approccio ironico-orrorifico, bilanciato ed appariscente.
Molti personaggi stereotipati, probabile volontà per rendere ancora più macchiettistico il film, altri assurdi e caotici. Musiche che passano dal suono simil carillon al tragico, comprendendo anche pezzi "americaneggianti" ed "europeggianti".
Nonostante l'impostazione generale, la spiegazione di fondo presenta un tema serio e drammatico.
Sui generis, termine giusto per definire l'opera.

lunedì 5 ottobre 2009

un insieme

쓰리, 몬스터 : 컷 (Three... Extremes)
(Three... Extremes)
2004
Hong Kong, Corea del Sud, Giappone
Regia: Fruit Chan (Dumplings), Chan-wook Park (Cut), Takashi Miike (Box)
Scritto: Lilian Lee (Dumplings), Chan-wook Park (Cut), Bun Saikou, Haruko Fukushima (Box)

Comunione d'intenti d'Estremo Oriente, film ad episodi che può definirsi in linea con San Geng, altra realizzazione simile di due anni prima.
Alto livello qualitativo generale, localizzato professionalmente e presentato all'edizione sessantunesima della Mostra di Venezia.
Dumplings: segmento di Fruit Chan, produzione Hong Kong. Episodio "carnoso" con risvolti sociali, protagonista il tipo di pasta tipica in stile ravioli, riempita della spasmodica ricerca dell'apparire a tutti i costi, nonostante l'iter, la pressione psicologica e l'influsso, qui trattato in modo concreto, sull'intera società. Spazio anche per disamine sociali sulla donna, mai sorpassate e mai completamente degne dell'attenzione globale. Abili gli attori, chiara e realista l'ambientazione. Ne esiste anche una versione allungata: San Geng 2 - Jiaozi.
Cut: coreano e con la regia di Park Chan-wook, è il più d'impatto dei tre, pur presentando un topoi classico che strizza l'occhio ai recenti torture porn, presenta anch'esso profondità cerebrali degne di nota. Una comparsa cinematografica in cerca di vendetta verso le persone che invidia di più. Metacinematografico, scena nella scena e successiva proposta al pubblico, quasi tutto girato nell'unico ambiente di un visibile set filmico. Man mano che si susseguono i colpi di scena l'idea nella mente di chi guarda viene modificata e sovvertita; difficile definire chi è colpevole, ma anche chi è innocente...
The Box: Giappone, Takashi Miike. Continuamo ad essere dell'idea che sono queste le pellicole che mancano nell'odierno panorama cinematografico occidentale. Un sogno grafico e di sussurri, presenze dolci e spettrali in ambienti caldi e freddi, un vero carillon stregante. Per la rappresentazione generale ricorda quel Kaidan ispirato al racconto di Lafcadio Hearn, contenuto nel libro recensito in precedenza. Il Miike ricordato principalmente per pellicole più ricche d'azione ci regala il giusto coronamento ad una trilogia da citare fra le migliori di genere.