충녀 (Chungyo)
1972
Corea del Sud
Regia: Ki young-Kim
Scritto: Ki young-Kim, Sung-ok Kim
«In tutti questi anni ho studiato gli insetti,
ed esiste il caso interessante di una femmina
che divora il proprio compagno dopo l'accoppiamento.
Ho osservato casi simili, in cui una femmina
logora un maschio, anche negli esseri umani».
Ricerca di dominio, sopraffazione sul "sesso forte" a scopo egocentrico, per guarire le proprie mancanze tramite una soddisfacente vessazione. Catturato un esponente nella tela, esso viene sollazzato, non ci sia accorge che l'opera di cannibalismo è già iniziata.
Il signor Kim, uomo di mezza età, vive in una famiglia benestante, dove la moglie è la parte dura, i guadagni arrivano dalla sua dirigenziale attività lavorativa. Lei è ferrea e pragmatica, lui è ritenuto un fallito, vive di beneficio economico, in più non riesce neanche ad appagare desideri sessuali, essendo impotente. Impotenza simbolica, lui è un perdente in tutto. I figli paiono compatirlo, anche se hanno animi più sensibili, sono metafora della modernità, del cambio generazionale, più flessibili rispetto alla madre, infatti in principio paiono accettare la forma negativa del loro genitore.
A sconvolgere tutto arriva una giovanissima studentessa, appena diciannovenne e di famiglia disagiata, che, tramite un forzato lavoro d'accompagnatrice da bar, viene in contatto con Kim diventandone la concubina, in un torbido patto in cui la moglie "ufficiale" accetta di spartire l'amato perché tramite la giovane l'uomo ha ritrovato capacità sessuale. Divideranno cinicamente la "preda", metà giornata l'una e metà l'altra, ma la cosa non sarà comunque affatto facile da gestire.
Ki young-Kim parte dal suo capolavoro, Hanyo (The Housemaid, 1960), padre di due chiari remake, e propone il tema anche con una forma leggermente differente, facendo venir fuori questo The Insect Woman, tra l'altro nuovamente riproposta dallo stesso Kim nel 1985, con il film Yukshik dongmul.
Se la trama sta così tanto a cuore, non deve sorprendere che il formalismo ha comunque le redini, partendo da una fotografia che alterna le luci secondo le emozioni presenti, con l'impegno dello stesso regista ad allestire il set personalmente. C'è un dominio di focoso rosso e di riflessi, importanza per le illuminazioni diegetiche e per la profondità di campo, con il fondo che può anche essere fondamentale, come un'incursione nell'animo, leggermente nascosta, perché si nota la presenza di un rappresentativo prop non a fuoco che copre parte dell'inquadratura. Le angolazioni sono ricercatissime, scandagliano le personalità dei singoli da inaspettati lati, perché tutti hanno un lato oscuro. A violentare una struttura lineare arrivano degli elementi che paiono parto di una realtà parallela, quali un ambiguo bambino che poi diventerà fondamentale, fantasmi e situazioni da giallo nonché da horror, che rompono lo schema classicamente realista. La casa dove l'uomo vive con la concubina è essa stessa un folle contenitore di angosce, con spaventosi accessi e cardini di potere, le riprese dal piano superiore aiutano lo spettatore a calarsi nell'antro malefico.
Ossessivo il calcare la mano sulla tematica della riproduzione umana, invasiva e succhia sangue, così come sulla rappresentazione di una Corea del Sud in costruzione, che si vorrebbe costruire su società "occidentalmente" maschilista, ma la realtà, come si vede, è ben diversa.
È bellissima Yeo-jeong Yoon, che offre giovinezza all'uomo, voluttuosa carne e caramelle. È affascinante nel suo tic facciale, che ricorda proprio il movimento della bocca di un insetto, di una mantide.