OCCHIO: degustazione, esegesi...   ESPRESSIONI: visioni, letture, arte...

domenica 30 ottobre 2011

due puntini


Una notte al Ghibli
Samuel Marolla

Ritorniamo sul bravo Marolla già qui discusso, attivo nel campo della narrativa e del fumetto, con questo agile racconto di venti pagine.
Il jazz bar Ghibli di Milano, nome che deriva dall'appellativo libico dello Scirocco, diventa per una notte il centro del mondo, dove il proprietario Mamoulian, anche lui arrivato dalla Libia, e Pietro Orziero, comandante dei RIS, si racconteranno due storie incredibili, due eventi che mostrano l'universo in maniera differente, dove i confini tracciabili della materialità vengono scavalcati. Il loro sarà un vomito d'anima, che li fa apparire insignificanti, semplici pedine rispetto a cose gigantesche, inimmaginabili, ma non distanti come leggende tramandate, anzi, vicinissime. Appartenenti alla sfera familiare, per il nordafricano, a quella lavorativa per Orziero.
Al fine della notte non avranno vissuto soltanto una liberazione interiore, ma anche una presa di coscienza sull'impotenza umana, che riserva a noi la facoltà di non poter comprendere tutto e di accettare la cosa.
Fantastica come al solito la copertina dei Diramazioni, che si fanno valere anche nel campo degli eBook.
Scaricabile gratuitamente dal sito dell'autore (http://www.samuelmarolla.com/shop.html), in formato PDF, ePub e MOBI.

FUN COOL! - edizione 7


Nuova edizione per il simpaticissimo concorso indetto da Gelostellato, a cui può partecipare chiunque scriva un racconto senza interruzioni, e per esse si intendono i punti. Già, proprio i segni di interpunzione.
Una vera espressione di massa, con tanto di premi!
Il regolamento è tutto qui: http://ilblogdigelo.blogspot.com/2011/10/fun-cool-7-edizione-il-regolamento.html
Noi abbiamo dato il nostro tributo di sangue, come già accaduto in passato. E voi?

mercoledì 26 ottobre 2011

dolcezza fatale

ロボゲイシャ(Robo-geisha)
2009
Giappone
Regia: Noboru Iguchi
Scritto: Noboru Iguchi

Quando si è in cerca di puro intrattenimento, senza inondazioni intimiste, è d'uopo buttare un occhio sul Sol Levante e le sue follie.
Questa pellicola può essere racchiusa in un insieme definibile come "gore divertissement". Celebri esponenti d'esso sono titoli quali Meatball Machine (che è un remake) e suo spin-off Reject of Death, Kataude mashin gâru, conosciuto da noi come The Machine Girl, con spin-off  The Hajirai Machine Girl (Shyness Machine Girl) e Tôkyô zankoku keisatsu (Tokyo Gore Police) di Noboru Iguchi, creatore anche di quello che stiamo per esaminare. I suddetti sono legati fra loro, oltre che per casa di produzione (gli ultimi tre), anche per via di incroci artistici: il regista di Tokyo Gore..., Yoshihiro Nishimura, è stato portato in quel ruolo dopo aver creato effetti e make up in The Machine..., così come in Meatball..., in più ha anche diretto, fotografato ed ha recitato nello spin-off di Meatball Machine. Iguchi ha diretto dei fake trailer presenti in Tokyo Gore... e stessa cosa ha fatto Yûdai Yamaguchi, director di Meatball Machine. Un filo conduttore tortuoso ma simpatico, segno che l'individualismo può essere messo da parte per far posto ad una sana collaborazione.
Veniamo a quest'altro parto di Iguchi, RoboGeisha, che ha dalla sua anche una storia non male. Una coppia di sorelle maiko, aspiranti geishe, vengono invitate in quella che ufficialmente è un'industria produttrice di acciaio, ma che nasconde un'insana associazione che vive per il progetto di distruggere un Giappone, a parer loro, ormai alla deriva. A questo scopo addestrano delle geishe, elementi chiave per arrivare vicino a personaggi importanti ed eliminarli. La minore delle sorelle, Yoshie, è stata fiutata come possibile punta di diamante, ed entrambe finiranno per far parte dell'idea devastatrice. La tecnologia a disposizione è all'avanguardia, alle ragazze vengono impiantate componenti meccaniche, rendendole macchine da guerra. C'è però qualcuno che trama contro, e la cosa darà modo anche alle due protagoniste di redimersi.
Se la trama base pare seriosa così non è per la forma e il resto. Come gli altri film del succitato insieme, è tutto virato verso una voluta esagerazione, un divertente ed onnipresente stile sopra le righe, presente dalla coloratissima fotografia, fino alla caricate interpretazioni, dai dialoghi surreali agli effetti; una totale ironia totale che rende il titolo più una commedia che altri generi cinematografici. Ci sono gli omicidi, le violenze, ma resi grotteschi, sopiti da un'impostazione giocosa che annulla la truculenza, grazie anche all'inventiva "cartoonesca" di effetti speciali, make up, costumi, scenografie e props. C'è da dire che la componente splatter è poco accentuata, molto meno presente rispetto alle opere simili, che invece facevano di essa un punto saliente, nonostante la "plasticosità" e il taglio burlesco.
 In parte gli interpreti, specialmente la simpatica protagonista, Aya Kiguchi, e curiosamente estremizzante la presenza di Asami, attrice anche pornografica e quasi feticcio di Iguchi, che si era fatta apprezzare anche in The Machine Girl (e diremmo anche giù il cappello!). Qui interpreta la parte di un Tengu, le celebri creature del folclore nipponico. Già, perché il film è anche pieno di elementi del Giappone tradizionale, ma non di quelli indecifrabili per gli occidentali.
In negativo, ci hanno convinto poco le lunghe sequenze sentimentali, non sappiamo quanto volontariamente parodistiche, ma un po' troppo stucchevoli.
Insomma, da guardare con la consapevolezza che si tratta di un enorme balocco in 35 mm, che non è adatto per porsi più di tante domande. Forse un certo sottotesto sulla pericolosità delle armi di distruzione di massa e chi le detiene, sull'uso della tradizione di un Paese come metodo per assoggettare, sulla decadenza dello stesso e uno sfottò verso i formalismi è presente, ma chissà quanto ricercato...
Adatto anche ai nostri cinema, farebbe un figurone, e in più ci insegnerebbe che per divertire non è necessario raccontare continuamente storie di liceali in scooter, starlette amanti o volgarità tediose.

sabato 22 ottobre 2011

la paura nei suoi occhi e il coltello nel suo petto

Angst
1983
Austria
Regia: Gerald Kargl
Scritto: Gerald Kargl, Zbigniew Rybczynski

Lui si procura eccitazione e appagamento tramite violenze metodiche, crude, senza estetizzazioni e dettagli di contorno, tutto come il cadere di una goccia, presente in forma sonora all'inizio ed alla fine: incisivo e preciso, macchinoso e ispirante. Da piccolo è stato con la nonna; la madre, che aveva cacciato il padre di casa, non lo voleva. Successivamente, dopo "piccole" storie, ritornò a casa, ma veniva maltrattato dal subentrato patrigno, dalla sorella, dalla madre... Madre che poi uccise, poi toccò ad un'anziana. Tutto ciò successivamente avrà legame simbolico con delle azioni.
L'insieme degli avvenimenti è mostrato nella sua interezza, perché ogni attimo è utile allo scopo, eventuali ellissi non renderebbero bene l'idea. Le vittime non sono persone con una loro storia, come fotografie trovate vorrebbero rendere noto, come il loro posto nella società vorrebbe far credere, come mostrano le loro debolezze, vizi e curiosità, ma sono oggetti utili ad un fine, soltanto un tramite. Di qualsiasi età esse siano, sesso, condizione di salute, non fa differenza. Pupazzi da manovrare, i loro corpi sono giostrabili sia di vivi che da morti.
Il suo fine è solo benessere psicofisico, via tutti gli ostacoli terreni!
Viene inquadrato in maniera nervosa e veloce, con steadycam, per mostrare l'animo isterico; dall'alto, con la gru o la louma (e complimenti a direttore della fotografia e operatore di ripresa Zbigniew Rybczynski, che è anche montatore e coautore dello scritto) per simboleggiare un giudizio esterno, sano, anche se lui continua a parlare, essendo il narratore diegetico.
A proposito dei citati ostacoli, alla fine ne arriverà uno fatale: ergastolo, lui è impossibile da curare.
Tutto in un'Austria inaspettatamente torbida, l'ispirazione proviene dalla storia del pluriomicida Werner Kniesek.

mercoledì 19 ottobre 2011

la cura

Hardgore
1974
Stati Uniti d'America
Regia: Michael Hugo

Anno Domini 1974: gli Stati Uniti possono da poco usufruire dell'ufficialità pornografica, e titoli come Mona e Gola profonda, sono ormai una realtà commerciale. Stiamo parlando di film ove sussiste anche una trama, mentre le sperimentazioni pure, senza influenze, erano già apparse agli albori del cinema.
Arriva questo titoletto che farebbe pensare ad una commistione eguale di adult e horror, ma l'ago della bilancia pende decisamente verso il primo genere; sta di fatto che ci troviamo davanti al primo mix dei due generi, cosa non da poco.
La protagonista Maria è ricoverata in una clinica, allo scopo di curare la sua ninfomania: peccato che nel luogo avvengano riti orgiastici, con tanto di sacrifici umani, necrofilia ed eventi lisergici.
Povero allo stremo, il plot e i lati gore sono una scusa per mostrare lunghe sequenze di sesso, tra l'altro senza arte né parte, noiose al giorno d'oggi, ma sicuramente allettanti al tempo.
Di interessante c'è il clima malsano imperante, che più che aumentare la qualità della pellicola, aiuta a renderla più cult, più oscura, un oggetto più importante da nominare e possedere che da godere. Ad aumentare questo aspetto c'è l'assenza di credits di apertura e di coda, addirittura non viene nominato neanche il regista Hugo. Gli interpreti, risalendo ai nomi, si connotano per essere interpreti di genere.
Se pare che certi virtuosismi di camera sia forzati, se fa capolino anche un microfono, bisogna invece riconoscergli una certa visionarietà di stampo "seventies", con punte d'effetto nella sala "obitorio" e nel pessimistico finale.
A chi scrive ha riportato alla mente il qui recensito The Forgotten.
Si abbeverino fan di weird exploitation.

sabato 15 ottobre 2011

irrefrenabile ebbrezza

女虐: NAKED BLOOD Nekeddo burâddo: Megyaku
1996
Giappone
Regia: Hisayasu Sato
Scritto: Taketoshi Watari

Il dolore è un contrappunto alla felicità oppure una sua componente? È importante la sua presenza nel nostro essere? Forse è ancor più importante, è un fulcro vitale?
C'è un ufficiale esperimento anti procreazione, tre ragazze sono le cavie, ma un baby scienziato diciassettenne, Eiji, che ha progettato un siero speciale, avrà modo di "infilarsi" in esso ed iniettare la sua sostanza. La sua scoperta è uno stimolatore di endorfine, aumentate a dismisura parallelamente al dolore fisico, che verrà trasformato in piacere.
Tre sono le donne e tre sono i casi personali: in un uno c'è un'ossessione per il cibo, in un altro per la bellezza, nel terzo non si dorme e si vive uno stato estatico particolare.
Nel primo: mangiare, mangiare, mangiare? È davvero piacere? Fin dove può spingersi questa esigenza? Cos'altro si può mangiare? L'exploit di endorfine farà prendere coscienza che la via finale è quella che prima era dolore.
Stesso dicasi per il culto della bellezza: algia = benessere, e il modo di procurarselo sarà "a tema" con la fissazione.
La terza cerca il silenzio, lo troverà, tramite un'apparecchiatura, in uno stato onirico che ha trovato in una pianta; non una pianta, a suo dire, rumorosa come le altre, ma un cactus, adatto alla simbiosi con esso.
Lei donerà anche la sua attuale concezione di piacere ad altre persone, ragazzo protagonista e altre cavie comprese, portandoli in uno stato di... silenzio. Eiji prima di ciò, aveva fatto uso della sua sostanza, e con il suo dolore, se così si può dire, si unirà a lei, quindi al cactus...
La diffusione del piacere sperimentale continuerà poi nel tempo.
Alternato a tutto questo c'è il mondo della dottoressa che doveva dar via al tentativo anticoncezionale. Madre di Eiji. Il padre è scomparso da tempo, era un megalomane, aveva ambizioni più grandi di lui! Lei non voleva approvarlo da questo punto di vista, ma finirà per... accettarlo.
estatico onirico
Che musica soave che c'è!

martedì 11 ottobre 2011

dentro

La cabina
1972
Spagna
Regia: Antonio Mercero
Soggetto: Antonio Mercero
Sceneggiatura: José Luis Garci, Antonio Mercero

Delle volte il progresso par andar troppo veloce, non riusciamo a stargli dietro, ci fidiamo ciecamente di esso e diamo per scontato il corretto utilizzo. Se mai qualcosa dovesse andare storto sarebbe per demerito nostro (piccoli dubbi a parte), errore umano, e subito subentrerebbe vergogna personale e curiosità di tutti; oppure questa impostazione diversa sarebbe soltanto l'ennesimo ingranaggio della società dei consumi, un exploit appariscente e conquistatore. Tutto questo avviene giornalmente, nella nostra quotidianità.
Ma questo progresso può ingabbiarci. Mosso dai fili del potere fa di tutti quel che vuole, riesce anche a burlarsi di noi, facendo leva sulla nostra fiducia.
La cabina in questione è uno strumento asettico, un aggancio per tessere contatti fra noi e i nostri cari, i nostri conoscenti, tutti quelli che ci permettono il vivere. Giammai immagineremmo che possa portarci verso il disfacimento.
Mediometraggio televisivo di alta qualità, edito dalla Televisión Española ed altre compagnie di supporto. Terreno, questo, ben conosciuto da Mercero, che nella scatola delle meraviglie si è più volte riproposto.
Brilla "settantianamente" l'Eastmancolor, vi è gran attenzione per luci e riflessi, ed i movimenti di macchina sono figli di attrezzature non da poco: fa spesso capolino la louma, c'è largo uso di riprese sui mezzi di trasporto e spazio anche per campi lunghi e lunghissimi.
Sicuramente da rispolverare, ha avuto anche un remake in forma di animazione e più breve.

mercoledì 5 ottobre 2011

due esempi di Filippo Walter Ratti

Parliamo di un dittico horror, o con componente tale, presente nella filmografia di Ratti, in ambedue le opere sotto lo pseudonimo di Peter Rush.
La notte dei dannati (1971) è un classico gotico all'italiana, leggermente fuori dal periodo d'oro per il filone, e che quindi risente di quelle tipiche caratteristiche dei Settanta. Non di certo valente per la trama, composta da tòpoi quali castello, ambienti bui, candelabri, quadri oscuri, streghe e maledizioni, con leggero affondo soft erotico. Semmai, da rendere nota, è la sensazione di situazioni fuori dal tempo data dall'ambientazione castellana: la vicenda, pur ambientata in epoca contemporanea, pare vissuta un secolo e più fa. Non male fotografia, ottimo uso di chiaroscuri, e regia, certe caratteristiche se non mostrate bene buttano giù l'intera baracca.
I vizi morbosi di una governante (1977): mistura di orrore/giallo/thriller/erotico, poco apprezzato fra gli appassionati, ma che ha dalla sua parte qualche pregio. In primis proprio il suddetto minestrone, che crea un'alternanza di vicende gradevole, una trama non lineare e neanche tanto scontata, se non fosse per un DETTAGLIO che aiuta.
Un gruppo di amici si riunisce in una magione di proprietà del padre di una di loro, e fra vizi e vizietti si consuma un truculento omicidio. Il commissario che indagherà immetterà venature di à la Agatha Christie, con tanto di falso finale e spiegone di chiusura. Di assoluta rilevanza le presenze femminili, Isabelle Marchall, Patrizia Gori e Adler Gray, compresa anche la governante Berta (Annie Carol Edel), che ci ha ricordato quella di Buio Omega di Joe D'Amato, interpretata dalla recentemente scomparsa Franca Stoppi. Ah sì, il titolo, contrariamente ad altri casi, ha attinenza...
Tecnicamente più debole dell'altro, con insistiti piani dettagli degli occhi, però discreto nella resa dei dialoghi.
Fa felici i fan di genere la citazione, oltre che di Arancia meccanica, de Le salamandre (1969) di Alberto Cavallone, ed è proprio a questa tipologia di spettatori che ci riserviamo di consigliare le due pellicole.

Nota: può essere accreditato a Ratti anche Estratto dagli archivi segreti della polizia di una capitale europea (1972), da lui ultimato causa abbandono di Riccardo Freda, prima scelta di regia.