OCCHIO: degustazione, esegesi...   ESPRESSIONI: visioni, letture, arte...

venerdì 30 dicembre 2011

bizzarre alterazioni

La folie du Docteur Tube
(La follia del dottor Tube)
1915
Francia 
Regia: Abel Gance
Scritto: Abel Gance

Abel Gance, ricordato per la sua propensione all'innovazione tecnica, non si smentì neanche con questa commedia d'avanguardia con punte slapstick.
Acerbo "mad scientist" cinematografico, il dottor Tube arriva a inventare una polvere che stravolge la visione della persone con cui viene a contatto: il mondo appare distorto, le proporzioni di qualsiasi cosa, anche il corpo della vittima dell'esperimento, violentate, si può dire che sia uno stupefacente dagli effetti visivi estremi. Le donne saranno quelle più sofferenti, perché vedranno i loro beneamati tratti fisici scomposti. 
Puro sperimentalismo che crea nello spettatore voluto straniamento, l'invenzione dello scienziato è funzionale anche alle platee, la percezione di chi guarda è talmente alterata da non permette, a tratti, neanche di capire lo svolgersi degli eventi. L'ambiente diventa fantasioso come in un incubo in cui gli arti si allungano e gli oggetti diventano infiniti, tutto creato grazie all'uso di speciali lenti distorcenti, tipo specchi dei luna park. 
La cosa è però reversibile, tornerà tutto alla normalità e si banchetterà, tranne il professore, che continuerà la strada della follia inventiva.
Fotografia di Léonce-Henri Burel, il dottor Tube è interpretato da un divertente Albert Dieudonné.

lunedì 26 dicembre 2011

segreti

The Unknown
(Lo sconosciuto)
1927
Stati Uniti d'America
Regia: Tod Browning
Scritto: Mary Roberts Rinehart, Tod Browning, Waldemar Young, Joseph Farnham

Un Browning in gran spolvero, che, ispirato dalla novella K di Mary Roberts Rinehart, ambienta una vicenda in quell'ambiente circense che in passato lo affascinò a tal punto da scappare di casa per seguirlo. Parliamo del seminale autore del Dracula con Bela Lugosi, di La bambola del diavolo, I vampiri di Praga, del film semi disperso ed ormai mito Il fantasma del castello, conosciuto maggiormente con l'originale London After Midnight, e del simile a ciò che stiamo trattando e di certo sua opera più famosa, Freaks.
Alonzo (Lon Chaney Sr.) è un artista senza braccia e dal passato torbido, che nel tendone dei divertimenti lancia coltelli e spara con sole gambe e piedi. È innamorato della bella Nanon Zanzi (Joan Crawford), sua partner nei numeri e figlia di Antonio (Nick De Ruiz), il proprietario del circo. A bramare la stessa donna c'è anche Malabar (Norman Kerry), il classico uomo forzuto dell'iconografia.
In questi lidi riteniamo le presenze in scena importanti tanto quando un dettaglio scenografico o, tanto per dire, un tipo di obiettivo, ma in questo caso Chaney, noto interprete di classici quali Il gobbo di Notre Dame (1923) e Il fantasma dell'opera (1925), è un gradino sopra alla filosofia, un'eccezione. Il personaggio è uno dei più allucinanti visti nella settima arte della prima metà del secolo: pregno di un sentimento talmente forte da diventare nero, un'amore che assume tratti diabolici. Stregati dai movimenti facciali di Alonzo, il nostro respiro segue le sue espressioni, che sanno essere terribili, come rassicuranti; un viso che è un leva di comando nella macchina/telespettatore. Come muove noi, così accade al suo assistente, il piccolo Cojo (John George), anche lui discretamente fosco.
Nanon, l'affascinante gitana, ha anche lei di che lamentarsi, affetta da un forte turbamento, ha paura di farsi toccare dalle mani maschili, complice la brutalità con cui è stata trattata in passato. Quanto significato c'è dietro questa scelta, con questa ragazza senza fiducia verso il cosiddetto sesso forte, spesso troppo materiale nel modo di approcciarsi, con le mani che sono soltanto una delle componenti solide con cui si affaccenda. Mani, quindi carnalità che diventa fine a se stessa, senza l'apporto di cuore e cervello. Nonostante Malabar pare permeato da sentimenti sinceri (dice di averla nel cuore e nell'anima!) lei ha ne ha paura, e Alonzo ne godrà e fomenterà la cosa, bramando il momento giusto per farla sua, all'insaputa del forzuto che invece lo crede distaccato e dalla sua parte, infatti non si fermerà neanche quando ci sarà da proteggerlo.
Ma il lanciatore di coltelli nasconde un segreto, la sua maschera non è metaforicamente esterna, ma interna, una realtà taciuta come tanti aspetti del suo spirito, che dovrà "limare" per avere il suo amore. Qui entrerà in gioco un medico dagli echi à la Frankenstein, ma l'epilogo prenderà una piega imprevista, con la donna che modificherà il suo animo, purtroppo per il protagonista.
Il finale vale tutto il film, il ritorno dell'"armless" in campo lungo e il successivo contrapporsi delle sue emozioni sul suo vulcanico viso. Il resto della storia è uno splendido montaggio narrativo, mancante però della parte iniziale, mai ritrovata, con filtri ad enfatizzare alcuni momenti o a sfocare i primi piani, anche negli attori uomini, cosa più rara. Morboso e carico d'eros in diversi momenti.
Una completa cineteca del brivido non può fare a meno di questo titolo.

giovedì 22 dicembre 2011

terapia sinfonica

The House of Darkness
1913
Stati Uniti d'America
Regia: D.W. Griffith
Scritto: Jere F. Looney

Non allunghiamo il brodo descrivendo l'importanza per la storia del cinema del nome di David Wark Llewelyn Griffith, con le sue pietre miliari che navigano in un mare di oltre 500 opere nate poco dopo l'inizio del secolo, e fermiamoci al 1913 ed a questo The House of Darkness.
Viva competenza già mostrata dal maestro, coadiuvato alla fotografia dal fido G.W. Bitzer, interessante l'iniziale uso delle luci, una specie di transizione prolungata che abbraccia un tempo più esteso di scena, insieme ad un fine gusto artistico per la composizione dell'immagine. Tecniche che ci introducono all'ambiente di una casa di cura per disabili mentali, con i pazienti nelle loro caratterizzazioni, medici, infermieri ed addetti al lavoro. Ve n'è uno in particolare, che diventa protagonista della storia, che si denota per un comportamento violento, aggredisce un altro ricoverato, viene allontanato di forza, ma a "salvarlo" arriva... l'arte. Un'infermiera sta suonando il piano, l'uomo pare bearsi della cosa, e sorprendentemente si placa. Per poco, appena lontano dalle sette note, si ribella e fugge nuovamente.
Alternativamente alle vicende ospedaliere c'è una circostanza amorosa, un dottore prende in sposa un'infermiera, e le due storie si uniranno, infatti il dissennato finirà a casa dei coniugi in un momento in cui lei è sola, non prima di aver rubato una pistola ed aver scrutato l'ambiente, in una sequenza rilevante dal punto di vista della profondità di campo. Nella casa il climax è al massimo, la tensione ben resa, giusti i tempi, c'è un filo di morbosità inusuale per i tempi, tutto racchiuso in un quadro fisso.
Ma sarà ancora una volta una melodia a salvare la situazione, la donna si troverà involontariamente a contatto con il pianoforte di casa e lui si calmerà fino alla spontanea consegna a chi di dovere. Talmente forte sarà il valore di quest'opera dell'ingegno, che si proverà una terapia con la musica, la quale curerà definitivamente il ricoverato.
Ode alla libertà di assaporare opere d'arte, al bando bigottismi, oscurantismi e conformismi che vogliono imporre una vita mediocre a chi non la tollera.

lunedì 19 dicembre 2011

vendetta fra due continenti

İntikam Kadını
1979
Turchia
Regia: Naki Yurter


Il "rape and revenge" non è certo un genere che ha l'originalità dalla sua, l'evolversi delle vicende è sempre quello di violenza e conti da far pagare, una situazione che all'exploitation ha fatto sempre comodo.
Il lavoro ora trattato è un corrispondente turco del più celebre I Spit on Your Grave (Non violentate Jennifer, 1978), con la bella donna stuprata che si vendicherà amaramente; niente spoiler da inserire, è la trama strandard.
Davvero povero sotto vari fronti, sono più d'una le situazioni inverosimili e troppo sbrigative. La protagonista subisce la brutalità troppo remissivamente, in più deve incassare un lutto che viene liquidato con troppa fretta, oltretutto il senso dello stesso è abbastanza strano. I fautori del crimine sono abbastanza laidi, già il primo incontro la vittima li aveva bene stimolati, ma poi il tutto avviene in un momento di apparente tranquillità.
Gli omicidi vendicativi sono visivamente da due soldi, solo uno è salvabile per freddezza, ma compiuto con un coltello sporco di sangue prima del tempo, altri sono caratterizzati da eccesso di staticità delle vittime, ed un caso in particolare viene solo suggerito, neanche con tanta meticolosità, a dire il vero. Fra riprese "nervose" e zoom artistici e non a iosa, interpretazioni mono espressive e musiche utilizzate presumibilmente senza averne il permesso, si va avanti.
Cosa di non secondo piano è la presenza di qualche inserto erotico soft, anche abbastanza prolungato, un paio di volte grottescamente musicato da Pulsar di Vangelis. Si può dire che, alla fine, l'essenza del film è solo la messa in mostra di atti carnali e grazie della protagonista, Zerrin Doğan, non alla sua unica esperienza del settore, che sotto forma di vendicatrice assurge un ruolo da fatale aggressiva, che non si fa problemi neanche a giacere nuovamente, ma di sua spontanea volontà, con uno dei carnefici.
Più sexploitation che altro, interessante per dare un'occhiata al panorama cinematografico e sociale turco del periodo, che faceva versioni nazionali di film ben più blasonati, un antesignano dell'Asylum.
Su qualche fonte confuso con Öyle bir kadin ki, per via dello stesso regista e della stessa protagonista.

venerdì 16 dicembre 2011

diversa strada

These Girls Are Fools
1956
Stati Uniti d'America
Regia: Jas. F. Smith

Sfavillanti son le luci di Hollywood, che attirano come la trappola di una formicaleone; tanti treni, tanti mezzi arrivano lì carichi di speranza. Sheila Anderson ha visto un sentiero davanti a sé, percorrerlo significava calpestare terriccio, e in lei c'era il desiderio che si trasformasse in scorrevole asfalto. Quel terriccio... affascinante, verace, sanguigno, ma non era quello a cui puntava, così come tante come lei...

giovedì 15 dicembre 2011

bianchezza notturna



Nightmare at Elm Manor
1961
Regno Unito
Regia: George Harrison Marks

Un corpo bellissimo che di notte diventa un'estensione carnale dell'Elm Manor Hotel, con la nostra pulsione, forse maligna, alla sua ricerca. In altri momenti essa è sopita, contenuta in una quotidianità di rilassatezza e sorrisi.
Scorrono veloci le immagini, come lo sono i pensieri che affluiscono nella nostra mente, niente parole, solo un suono soave come il piacere arrecato.
Expolitation horror/sex molto audace per i tempi, non c'è anno, epoca che tenga, per espletare voluttà!

lunedì 12 dicembre 2011

venature selvagge

Wolf Blood
1925
Stati Uniti d'America
Regia: George Chesebro, Bruce M. Mitchell
Soggetto: Cliff Hill
Sceneggiatura: Bennett Cohen

Due ditte per la raccolta di legname, la Ford Logging Company e la Consolidated Lumber Company, si contendono la leadership del mercato, arrivando anche a danneggiarsi l'un l'altra con veri e propri e attentati. A farne grosse spese è il gestore della prima, Dick Bannister, proprio nei giorni in cui è in visita la proprietaria, Miss Edith Ford, accompagnata da suo promesso sposo, Dr. Eugene Horton. Perché aggredito violentemente, Bannister ha bisogno di sangue, ed il medico, constatato che nessuno si è offerto volontario per donargliene, sperimenterà in lui una trasfusione con sangue di lupo.
Un film  in cui il rapporto uomo/animale è trattato senza exploit materiale, niente lupi mannari mutaforma, solo una persona con l'animo di bestia, che sogna branchi in corsa, eterei anch'essi. È un lato acquisito o solo esternato di un uomo corretto, dedito al lavoro, sempre pronto a risolvere i problemi fra i suoi colleghi, gente che per combattere le fatiche del lavoro cade nel vizio. Un individuo desiderabile, tanto da suscitare le attenzioni di Edith, che finirà per innamorarsi di lui, nonostante la riluttanza causata dalla paura. Mezzosangue, "diverso" (ma con una certa carica erotica, aggiungiamo noi), non conta, lei ormai è distanziata dal promesso marito per il sentimento che prova verso questa "creatura".
Viene ucciso il boss rivale, sembrerebbe da un lupo, non è chiaro se l'artefice è l'ormai ossessionato Dick, ma sta di fatto che la gente, merito anche delle leggende a tema, ha paura.
Lui vorrà porre fine alla sua agonia, ma verrà fermato da ciò che ha spesso risolto diversi problemi...
Inusuale opera su un argomento del folclore utilizzato da varie forme d'arte, dal cinema alla letteratura; nata prima di punti fermi quali L'uomo lupo (1941), L'implacabile condanna (1961), Un lupo mannaro americano a Londra (1981), fa dei lunghi campi di ambientazione boschiva canadese e del suo sottotesto sociale e psicologico il suo forte. Fascino anni Venti, trucco marcato, uso dei mascherini ad evidenziare dettagli ed ottima l'interpretazione retta prima ed alienata poi del protagonista George Chesebro, anche regista.
È una pellicola di pubblico dominio, reperibile qui, in un canale, fornitissimo anche di altro materiale, che consigliamo vivamente.

venerdì 9 dicembre 2011

la finestra sul furore

The Tell-Tale Heart
1953
Stati Uniti d'America
Regia: Ted Parmelee
Soggetto: Edgar Allan Poe
Sceneggiatura: Bill Scott, Fred Grable

Lui si confida, ammette la sua colpa, però si dice sano di mente.
Prima:
lui era in ombra, tutto era minimale, movimenti cadenzati e tranquilli. Mite anche la figura del vecchio, con la sua lenta andatura, con i gesti appena accennati. Ma non quando appariva il suo occhio, vitreo e scrutatore, alla visione d'esso l'uomo in ombra sprofondava in un abisso di follia, la realtà si faceva contorta e pulsante d'angoscia. Questo doveva finire, quel vecchio, quell'occhio doveva morire. Per sette notti le palpebre non si alzarono, tutto tacque, la solita quiete. L'ottava notte il sipario si aprì e mostrò quel bianco orrore, l'ambiente si rifece allucinante, paranoia, ossessione, il battito del cuore della vittima impazzava, gridò! Omicidio. Continuò a riposare, ma sotto le assi del pavimento. Tornando alla realtà, la polizia era sul posto perché fu udito l'urlo, però non si accorse di nulla; prima che la mente dell'uomo in ombra cedette sotto i colpi di un pulsare continuo, simili a quelli emessi da un cuore umano, a suo dire proveniente da sotto il pavimento.
Pazzia o grande sensibilità?
Immaginazione o scienza?

martedì 6 dicembre 2011

you'll scream your head off!

Blood Sucking Freaks
(Bloodsucking Freaks)
1976
Stati Uniti d'America
Regia: Joel M. Reed
Scritto: Joel M. Reed

La Troma e le sue attività produttrici e distributrici sono decisamente famose, alcuni titoli sono punti fermi fra gli appassionati, ma nel suo carnet ve ne sono centinaia. Uno dei più menzionati è questo Blood Sucking Freaks, che ha preso posto anche da noi per via della disponibilità anche in VHS con sottotitoli.
Non girato direttamente dalla casa, ma acquistato e distribuito, precedentemente nato come The Incredible Torture Show, poi rinominato.
Il culto per la tortura, che nei secoli a ritroso è stata praticata a vari scopi, è ben insediato nella mente del "maestro" Sardu e del suo assistente Ralphus, che hanno imbastito uno spettacolo a tema, con tanto di nudità, in uno squallido teatro newyorchese. Ufficialmente è una finzione di scena, nessuno può immaginare che i due gestiscono un giro di rapimenti, con ragazze che vengono sacrificate davvero per lo show, anche se il sadico Sardu mette volontariamente la pulce nell'orecchio degli spettatori.
Organizzati capillarmente riescono anche a rivendere le poverette, che quindi non assumono solo il ruolo di attrici, anzi, sono anche merce di scambio, nonché orpelli al loro servizio: tavoli, candelabri, bersagli anali per freccette ed orinatoi umani, ed anche messe a guardia di beni, sfruttando l'isteria animalesca provocata dalla situazione generale e l'affamamento, tenendole in gabbia come se fossero in uno zoo. Altre sono utilizzate per soddisfare i bisogni sadomasochistici, perversi e crudeli dei loro aguzzini ed anche se alcune sono adibite al ruolo di supporto, è chiaro che la donna in questa pellicola è solo un mezzo da sfruttare, un'entità inferiore, succube, schiavizzata e spesso alla stregua di un semplice pezzo di carne.
Un giorno il malefico duo vorrà consacrarsi nel mondo dell'arte, rapendo una famosa ballerina ed uno spocchioso critico teatrale (frecciata verso certi personaggi?) che avevano assistito precedentemente ad un loro show, per poi sfruttarli in scena con uno spettacolo di maggior prestigio. Il secondo si opporrà con tutte le energie, ma finirà, stremato, per collaborare di forza, mentre la seconda verrà assoggettata ed ipnotizzata, calcando il palco in maniera perfetta. Ma il ragazzo di lei, insospettito dallo strano comportamento, indagherà con l'aiuto di un poliziotto corrotto (e italiano) e...
Lavoro d'exploitation, basato essenzialmente su nudità, gore, e sadismo, creato con due soldi, basta vedere gli effetti davvero poveri, ma di successo dopo il rilancio.
Campo quasi perennemente buio, allegoria del mondo del teatro, un'aria da baraccone circense amplificata anche da musichette e momenti strampalati.
Qualche scena da ricordare, vedi finale e la "parcella" per il dottore, personaggio ancor più folle che interviene verso metà film.
Politicamente scorretto, subì anche proteste da parte di movimenti femministi. Perfetto per le visioni da grindhouse d'un tempo.

sabato 3 dicembre 2011

bolle fatate

Les bulles de savon animées
1906
Francia
Regia: Georges Méliès

Ed eccoci nuovamente sul troppo dimenticato Méliès, con la sua passione illusionista unita alla settima arte, comunione che ha permesso l'apprezzamento da parte del pubblico di entrambe.
In quest'opera, nata a metà della sua carriera cinematografica, comprovava di aver acquisito parecchia dimestichezza, dimostrava padronanza nell'uso delle note dissolvenze, delle esposizioni multiple, dell'avvicinamento ed allontanamento delle cinepresa, gran abilità con la ripresa interrotta, antesignana del montaggio come lo conosciamo ora e con l'interezza del suo fantastico bagaglio.
Tutto in un soggetto vivace, abbellito da scenografie teatrali, riferimenti alle tre Grazie e la sua presenza come magica guida.

venerdì 2 dicembre 2011

tentativo

Picknick
1977
Paesi Bassi
Regia: Dick Maas
Scritto: Dick Maas, Lietje Boissevain

Il nederlandese Maas è noto da noi per l'ottimo L'ascensore (1983), rimasto nella mente di molti anche per via dell'ampia circolazione del trailer in TV. Discreta fortuna ha avuto anche Amsterdamned (1988), che si avvicina all'altro per originalità del soggetto.
Questo Picknick appartiene al decennio precedente, ma già faceva notare le potenzialità dell'artista.
È un breve cortometraggio di circa 5 minuti, thriller con venature di commedia, ben fotografato e con una soddisfacente attenzione ai dettagli.
Abbastanza prevedibile, per la gioia dallo spettatore preda dalla sindrome dell'"ho capito", ma non per questo noioso da seguire, anzi, l'evolversi è grottescamente simpatico.