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lunedì 27 agosto 2012

sberleffo anticonformista

Vormittagsspuk
1928
Germania
Regia: Hans Richter
Scritto: Werner Graeff, Hans Richter

Una mattinata di calci alle convenzioni borghesi, una percossa alla routine, tutto in mano ad un surrealismo vicino ad un Méliès quanto agli esordi di un Buñuel.
L'aiuto più grande arriva dalla stop motion, vera regina del cortometraggio, il taglio che riesce a dare fa le veci di uno spalstick "corrotto".
Gli oggetti, ormai empiti di trasmessa consuetudine, si permettono uno sfacciato e ribelle diversivo, gli umani si adeguano.
Per poco tempo, al mezzodì tutto torna al suo posto, prammatica compresa.
Danneggiato dal nazionalsocialismo, rientra nell'insieme di quella che era definita "arte degenerata".
Si può trovare anche con il titolo italiano Fantasmi del mattino.

5 commenti:

  1. Ricordo male o Richter ebbe parecchi problemi col regime di Hitler?
    Puoi confermarmela questa cosa?

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  2. Tutto ciò che è oggetto sfugge di mano. Ma ciò che sfugge non è l'oggetto prodotto, bensì il soggetto; e ciò che maneggia non è il soggetto, ma l'oggetto prodotto. I piani si sono gettati nella determinatezza contraria: ogni categoria dell'intelletto anche pratico è sopraffatta dal dettame estensivo di una logica degli oggetti (pur immessa dal soggetto stesso, infatti si tratta di oggetti di produzione). Sul piano del soggetto non resta che l'anomia, mentre il dettame della realtà prodotta dirigge: il soggetto sfugge dalla presa degli oggetti e percorre la sua iniziativa non cominciabile perché non più esso pensante e agente, ma automa rispondente a una logica altra, quindi autore di un'azione del tutto impossibile. Viene cancellata ogni teoria della conoscenza (non in senso astratto, ma concreto) del soggetto: non è più il soggetto colui il quale detiene il possibile attuarsi del proprio pensare/agire sull'oggetto e sulla realtà prodotta, ma è l'oggetto prodotto e la realtà materiale che agisce autonoma e diviene producente di ciò che per il soggetto può essere il suo limite e la sua possibilità. La razionalità umana diventa mero oggetto-fenomeno privato della sua logica interna che lo dovrebbe innalzare a stato di soggetto attivo, mentre la realtà materiale diventa attivo soggetto agente con una sua logica opponente, no, anzi l' operante logica di un non senso. Ma quella scansione ritmica che accompagna tutto lo svolgimento, a chi appartiene ? E' forse la distanza che si stende come una corda tra l'assoggettamento ed il riappropriarsi possibile del proprio ruolo ? Può essere visto come quell'ideale sempre presente, che tiene aperta la possibilità del riscatto ? Oppure anch'esso è temporalità ormai non più come forma pura dell'uomo che l'applica alla realtà che produce, ma derivazione ingabbiante del dominio della realtà produttiva ? Ora. Come ne usciamo ? Io qui ho visto questa situazione, ma anche la soluzione. Infatti, basta notare che nonostante tutto permane sempre nell'uomo la sua proprietà peculiare: l'agire intenzionale. Si tratta dell' INTENZIONALITA' come concetto filosofico, del fatto che l'uomo, nonostante sia ridotto a prodotto e a subordinazione, mantenga sempre la sua DIREZIONALITA' dell'azione rispetto alla staticità oggettuale. Al contrario infatti, gli oggetti sempre tali rimangono: essi accadono. Essi non hanno referenzialità; mentre nell'uomo, che sia cosciente o sospesa o interdetta, resta sempre la direzionalità propria dell' agire intenzionale. E' perciò rappropriandosi dell'intenzionalità che è possibile ristabilire il rapporto. Prima di cancellare per sbaglio il commento originario molto più decente di questo, avevo veramente trovato una lunga soluzione che non si esaurisce alla singola frase con la quale ho concluso ora.
    Ah, ovviamente l'ho visto un po' di volte, questo l'ho trovato subito col titolo tedesco.
    Spero che la pubblicazione di altri post del genere, me la rifaccia tornare in mente uguale a come l'avevo pensata, quell'idea. Perché quando si va di getto, il problema è che stai creando e creare non ti permette, se la perdi, di riprodurre la tua idea come prima. Vabbè. Sogniamolo il finale, era la soluzione che tutto il mondo attendeva da decenni ! Mannaggia.

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  3. @Nick: già, come accennavo anche nell'articolo le sue opere erano fuori schema della mentalità nazista.

    @Laura: condivido l'idea di uomo assoggettato, nonché quella di direzionalità, e c'è proprio il finale (del corto) a dimostrarla. Forse l'intento del finale era proprio la rappresentazione della direzionalità.
    Nel surrealismo c'è invece... l'"inesplorato", per dirla in maniera molto ma molto semplice, ed anche quella è una maniera diversa di concezione, molto cerebrale e poco routinaria. Anche in quel caso c'è direzionalità, ma puramente psichica.

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