OCCHIO: degustazione, esegesi...   ESPRESSIONI: visioni, letture, arte...

lunedì 18 gennaio 2010

dal Belgio con amore

Du Welz e l'oscuro
Parte prima

Fabrice Du Welz: nome da tener presente per chi spera in un'iniezione vitale nel genere del terrore.
Dopo la direzione di un film d'animazione ed un cortometraggio, passa al tetro e regala due perle che si inseriscono fra le migliori produzioni dell'ultimo decennio.

Calvaire
2004
Belgio, Francia, Lussemburgo
Regia: Fabrice Du Welz
Scritto: Fabrice Du Welz, Romain Protat

Un cantante, Marc Stevens, è in giro per il suo tour; durante uno spostamento si perde e finisce in una remota località dove riceverà aiuto ed alloggio. Non sarà tutto placido e tranquillo.
Nonostante il soggetto possa sembrare poco originale il risultato smentisce, si tratta di un qualcosa con forti connotazioni, a partire dall'impianto tecnico: silenzi, lunghe pause e quasi totale assenza di musica. Una discesa all'Inferno l'entrata di Marc nella zona, ed a questo proposito vorremmo far notare una curiosa somiglianza estetica: ci è parso di rivedere il terzo episodio de Il club dei mostri di Roy Ward Baker; gli appassionati capiranno...
Un Inferno però dall'aspetto dormiente, rilassante, che cela i suoi disagi nei soli suoi abitanti, una vera e propria tribù, con tanto di danza tribale. La sfortuna del protagonista è proprio quella di essere un artista, caratteristica che risveglierà forti problematiche nell'intera comunità.
La donna come simbolo di peccato, ma stavolta è il semplice desiderio di averla, quando assente, ad essere dinamitardo ed ossessivo. Anelito tanto forte da sovvertire gli schemi, in un luogo dove vi è più di un'ambiguità, visioni diverse da ciò che è ritenuto "normale".
Oltre alla già citata impressione di sopra troviamo anche rimandi all'originale Non aprite quella porta di Tobe Hooper, in particolare in una scena.
Un azzardo: se lo chiamassimo film d'amore?

Nessun commento:

Posta un commento