1971 (versione corta) 1996 (lunga)
Giappone
Regia: Shûji Terayama
Scritto: Shûji Terayama
V'è spesso una gran dire su utopistici governi a completa gestione femminile, idea sicuramente fantasiosa, ma fallimentare dai primi attimi, in cui farebbero scena "tirate di capelli" materiali e non.
Ed uno composto da bambini, invece?
Tomato Kecchappu Kôtei, l'impero del ketchup, questo perché esso è l'alimento di Stato, il più ambito e simbolico.
Gli adulti hanno dominato da sempre, ed è inevitabile che il novello regno dei piccoli non abbia ereditato caratteristiche simili. Ma è solo un'impostazione base, il resto è parto di menti infantili.
I grandi delle rivoluzioni, che siano state realmente tali o no, d'esempio Mao Tse-tung o Karl Marx, vengono banditi, e le loro icone vergate con una "X", che è anche il vessillo del nuovo impero.
Le leggi sono ben chiare, stilate punto per punto, niente fraintendimenti, tutte a favore degli sbarbatelli.
C'è un esercito con le varie divisioni, capace di torturare, uccidere, vessare; c'è chi si occupa dell'attività energetica ed ovviamente c'è l'imperatore: fiero, in divisa, con cappello e, all'occorrenza, barba e baffi finti, pregno di vizi come ogni dominatore che si rispetti.
Ma il carburante per alimentare tutto ciò, nonché la nullità da sottomettere qual è? Ovviamente gli adulti. Marionette in mano ai bimbi, sono soggiogati, degradati. Mentre i genitori dell'imperatore devono pulirgli le scarpe, con lingua compresa, e suonare per lui, altri devono alimentare meccanicamente le fonti d'energia, ma soprattutto tutti devono diventare zimbelli, violati sotto vari punti di vista, anche se si potrebbe dire in maniera "estetica": saranno rete da ping pong, annientati ad un primordiale ruolo animalesco, unendosi in rituali e lottando fra loro, spesso denudati, sporchi, imprigionati, puniti con la pena di morte se infrangono le leggi, o in altro modo, secondo il loro status prerivoluzionario. Sono rinchiusi per vezzo nei posti più svariati, indotti ad essere spettatori passivi e piegati del nascente reame, fanno da tappezzeria di carne, da mobili umani, statue statiche abbellenti, dal trucco pesante. Oltre a... e qui Terayama stupra lo spettatore, soddisfare gli appetiti sessuali dei fanciulli. Alt! Niente di completo o che gli si avvicini di molto: il sesso è mostrato come una visione giocosa, le donne sono bambole umane nelle mani di corpicini ancora non sviluppati, è un teatro fatto di eccessi, tanta fantasia visiva e sregolatezze.
Shûji, feroce critico del conformismo, punta anche il dito verso i precedenti potenti della Terra, messi alla berlina per la loro somiglianza, non solo fisica.
Nessun pentimento da parte del nuovo impero, che spiega che quella è la giusta via.
Importantissimo sapere che esistono due versioni del film, una di poco sotto la mezz'ora di durata, in bianco e nero e più diritta sull'obiettivo; un'altra oltre l'ora e uscita più tardi, dai toni seppia, che spossa e ossessiona lo spettatore nel più tempo concessogli, e punta una maggior luce su ciò a cui sono ridotti i maggiorenni, con le infinite lotte fra caricature di ex Paesi dominanti e una maggior chiarezza sulla religione preesistente violata.
La camera è spesso a spalla, si fa lieve e vorticosa all'occorrenza, c'è quel senso di realismo documentaristico misto alla sperimentazione sognante, perché è difficile trovare qualcosa di più onirico di quest'opera.
Le musiche suonate sono di stampo infantile, oppure rilassanti e basate sullo Shamisen, odore di vecchio cinema insomma, sembra che manchi solo il benshi. Ma si fanno anche marziali, e le voci sono da proclama imperialisti.
Qui abbiam gustato l'opera, ci siamo fatti domande, anche scrupoli, certo, poi abbiamo deciso di parlarne. A noi stessi, verso il nostro cuore.
Certo, è un opera di cui ci si fa scrupolo a parlarne, dubito che is amai stata trasmessa nemmeno a FUORI ORARIO (ma potrei sbagliarmi) che, di solito, manda avanti tutto. Però sono quelle opere che, anche se non piacciono, rendono più ricco il Cinema.
RispondiElimina@Nick: già, sempre molto difficile.
RispondiEliminaÈ pur vero che la società giapponese è molto diversa...
Su Fuori orario mi hai incuriosito, devo spulciare nell'archivio.
@Melinda: mmmh, forse sì, sarebbe poco digeribile...
grazie per la raffinata recensione, da vedere sicuramente, mi incuriosisce l'aspetto metaforico
RispondiElimina@winnifred: prego, contento di aver esposto bene un dettaglio!
RispondiEliminahai davvero un occhio molto acuto nel recensire alta cinematografia.
RispondiEliminaio non me ne intendo però.. chapeau a te, mio caro!
tutto bene per il resto?
un abbraccio
@Vaty: grazie! :) Il resto è tutto come al solito, né altissimi né bassissimi! :)
RispondiEliminaUn bacione!
Sicuramente un'ottima recensione. Pellicola particolare e sicuramente per niente semplice da vedere. Non è il mio genere, ma devo farti i complimenti per come hai saputo descriverlo nel dettaglio.
RispondiEliminaBuon inizio di settimana. Laura.
@Laura Rossiello: ciao Laura! Grazie per i complimenti, spero continuerai a leggermi! :)
RispondiEliminaSì, è un film davvero difficile da vedere, ma davvero particolare!
grazie per le tue orme...
RispondiElimina@Sunshine :)
RispondiEliminaNon ho visto il film, ma da quello che scrivi le riflessioni sono stratificate e molteplici. Sono sorte parecchie domande nella mia testa. Questo film è davvero lontano dalla realtà, vedendo quanto, consapevolmente o meno, genitori e adulti in generale sono sempre più succubi dei loro figli?
RispondiEliminaSeconda domanda: quanto ha bisogno un bambino di sentirsi accettato da un adulto come suo pari - siamo sicuri che i bambini abbiano solo pensieri e atteggiamenti infantili o ci sono bambini più adulti degli adulti?
Terza domanda: quante dittature e poteri oppressivi nascono da atteggiamenti davvero infantili (nel senso negativo del termine) e quindi distruttivi?
Insomma... riflessioni sparse qua e là: spero di trovare questo film, mi incuriosisce parecchio.
@Veronica: assolutamente condivisibili tutte e tre le cose e ben rapportabili alla pellicola.
RispondiEliminaTi consiglio davvero di recuperarlo, l'artista vale, anche se bisogna aspettarsi diversi momenti controversi.